È il passaggio dal "lavorare sull'atleta” al "lavorare con l'atleta", e il metodo è lo sviluppo del fisico, della tecnica, della personalità e del carattere, fino a portarlo a raggiungere l'autonomia della persona.
Tutto questo presuppone il passaggio da metodi di formazione, insegnamento e conduzione adatti a formare un puro esecutore a uno che ha come obiettivo lo sportivo che pensa, crea e si amministra da solo.
Il modello analizza e definisce:
- come trasmettere, i comportamenti, i modi, le prerogative e le responsabilità dell'adulto, e quindi come creare una libertà responsabile all'interno della quale ogni allievo possa sperimentarsi e operare per raggiungere la propria autonomia;
- come scoprire, indagare e sviluppare le qualità dell'allievo, in modo da portarlo al livello di sviluppo possibile;
- come valorizzare ciò che è specifico del singolo, anche a svantaggio di una precisa aderenza a modelli ottimali, e sollecitare i tentativi di sperimentarsi, affinché diventino stimolo all'iniziativa e a una creatività costruttiva;
- e, infine, come trasformare la correzione in un intervento educativo che ponga l'allievo nella condizione di far fronte alle conseguenze dei propri comportamenti e di essere sempre responsabile dei compiti e delle rinunce che gli spettano.
In sintesi, si tratta di mettere in secondo piano l'aderenza a modelli ideali a vantaggio di ciò che è specifico del singolo senza condannare l'imitazione e l'apprendimento passivo, che sono una parte fondamentale della formazione, ma di privilegiare la critica, l'intuizione e la creazione, che sono i livelli più elevati dell'intelligenza.
Di non trasmettere soluzioni precostituite, ma di insegnare a trovarle da soli, di abbandonare la specializzazione precoce, che è la premessa di tanti abbandoni e di una produttività immediata ma responsabile di uno sviluppo solo parziale e incapace di evolvere verso una maturità consapevole.