Un tempo si diceva più spesso che per fare collettivo basta giocare insieme per molto tempo, che in parte è anche giusto, perché i giocatori si conoscono sempre più a fondo, ma non basta. Occorre lavorarci da molto prima e parlare di ciò che lo ostacola.

Chiedere a un istruttore per passione tutto quanto si suggerisce in quest’articolo sembra troppo, ma seguire le linee principale è del tutto possibile. Se n’è già parlato, ma è il caso di fare una sintesi di obiettivi, interventi, attenzioni e modi di proporsi come guida. 

Crescendo, uno sportivo deve necessariamente dedicarsi al compito per il quale è più dotato, ma, nella prima fase della formazione, e anche dopo, ci sono buoni motivi perché, nell’allenamento, continui a esercitarsi in tutti i ruoli.

Pur considerando che ogni allievo è diverso dagli altri e ha qualcosa di solamente suo che deve poter esprimere, un discorso è preparare un giovane a fare sport per divertirsi, e un altro è lavorare sulle qualità che portano allo sport di alto livello.

Non si trovano più tanti convinti che, per essere autorevoli basti imporre regole ferree ed essere rigidi nel farle osservare, sapere tutto in modo che nessun allievo li possa contestare o dimostrare che un giovane non deve sapere ma soltanto imparare.

I bambini nascono sempre uguali, si diceva, e si credeva di poterli educare tutti allo stresso modo. È sempre stato così, e non si sentiva la necessità di vedere ognuno come soggetto unico da trattare in modo diverso.  Oggi, con i mutamenti culturali e la possibilità dei giovani di accedere a un’infinità d’informazioni e di esperienze, occorrono altri accorgimenti.

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