Formazione

Chiedere a un istruttore per passione tutto quanto si suggerisce in quest’articolo sembra troppo, ma seguire le linee principale è del tutto possibile. Se n’è già parlato, ma è il caso di fare una sintesi di obiettivi, interventi, attenzioni e modi di proporsi come guida. 

Preparare al collettivo

Il collettivo è un’idea comune che si muove sul campo con il contributo di tutti.

Che cosa deve fare l’istruttore.

Scoprire e utilizzare le potenzialità di tutti. Sembra normale farlo, perché ogni allenatore cerca di portare ognuno a esprimere tutte le qualità, ma non è così semplice. Certe abilità tecniche, ma non tutte, e in particolare quelle che fanno parte del talento, si possono allenare con spiegazioni, esercizi e ripetizioni, ma il collettivo è intuire che cosa faranno i compagni, capirsi, pensare insieme, sapersi proporre e imparare gli uni dagli altri. Tutte queste capacità non si possono ordinare o insegnare, ma soltanto suggerire, perché il collettivo si forma attraverso l’intesa, ed è una sintesi di menti che in allenamento producono insieme, e in gara sono sintonizzati per sommare le iniziative di tutti in un operare comune. In pratica, il collettivo s’impara giocando insieme, ma la discussione di gruppo per lasciare parlare tutti e mettere insieme le idee è essenziale.

Valorizzare e coordinare tutte le idee e le iniziative. Accettare e applicare qualsiasi contributo capace di stimolare la comunicazione e l’intesa e, nel caso non siano validi, apprezzare l’intenzione di produrli. Qualcuno teme di perdere autorevolezza, specie quando ha a che fare con esibizionisti o saputelli, ma riportarli al gradino possibile senza ferirli è segno di considerazione e un aiuto indispensabile perché capiscano senza opporsi. Se, invece, il giovane sta nei giusti limiti, ha modo di esprimersi, farsi conoscere e acquisire sicurezza anche quando deve essere corretto.

Usare valutazioni e stimoli veritieri. Con un giovane non si può mentire, a costo anche di pronunciare verità amare, se è necessarie per produrre un cambiamento. Per esempio, è inutile voler stimolare impegno con sopravvalutazioni o prospettive impossibili di successo. Nello sport, ognuno vale per ciò che sa fare, e fuori si considera secondo l’autostima che si può attribuire, mentre chiedere prestazioni fuori di ogni logica o regalare illusioni fa sentire incapaci e soli. O sminuire per stimolare l’orgoglio, come si dice, è inteso come mancanza di considerazione che porta all’insicurezza o alla ribellione.

Offrire l’aiuto minimo indispensabile perché gli allievi sviluppino da soli tutti i passaggi verso gli obiettivi. Diceva Sergio Vatta: “Sposto il pallino, do le poche indicazioni che non possono ancora conoscere e poi lascio che ci arrivino da soli”. Dire come fare sembra più facile, perché si sbaglia meno, ma non è efficace. Se l’allievo sa a che cosa serve ciò che fa, invece, usa gli strumenti personali che gli sono più utili, ma, se ne trova altri migliori, li cambia, sceglie il percorso più adatto e, se la situazione può essere affrontata in modo più efficace, vi si adegua. Sembra poco, ma ogni allievo dovrebbe arrivare a trovare le soluzioni più adatte ai propri mezzi, sapere da solo che cosa fare, scegliere le decisioni più creative, scoprire qualità che nessuno può suggerire e meno ancora ordinare, cioè il talento di ognuno, intuire da subito la soluzione migliore e agire prima per realizzarla. Non ha paura di andare nel nuovo, perché sa fare anche da solo le cose secondo logica e non solo dietro comando, e può non riuscire subito, ma non fa mai cose arrischiate e illogiche. Mette in pratica iniziative e soluzioni che ha trovato con l’ingegno e non perderà più e sa di essere apprezzato, perché riesce ad andare oltre ciò che gli può essere insegnato.     

Infine, tenere insieme, far partecipare e ascoltare tutti. Questa parte stimolerebbe più dubbi, domande e opinioni contrarie, ma se ne riparlerà un’altra volta. Limitiamoci a dire che parte fondamentale del lavoro è trovare spazi in cui si parla insieme e si collabora nonostante la differenza di ruoli.

Vincenzo Prunelli

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