Formazione

 La furbizia, che si può anche chiamare scaltrezza, astuzia o furberia, di solito ha un significato negativo ed è facilmente associata all’inganno, perché si presuppone sia esercitata di nascosto e per ottenere vantaggi non leciti. Non ha bisogno di tutte le qualità dell’intelligenza perché è un approfittare in modo ingannevole di una situazione a spese di un altro che non gioca ad armi pari, ma non è costruttiva. Se, invece, per furbizia si vuole dire abilità a trovare una soluzione a proprio vantaggio usando le qualità del proprio talento, è il caso parlare d’intelligenza, che usa i mezzi migliori di cui si dispone e crea e impone il proprio gioco. Come sempre, non si parla soltanto di sport.

La furbizia forma lo sportivo?

Stiamo parlando di bambini e di giovani in formazione, che è bello immaginare come giocarsela tutta, ma con i mezzi a disposizione, che vanno scoperti e lasciati esprimere, e sono molto più efficaci dei trucchi e delle furberie.

Qualcuno confonde la furbizia con l’intelligenza, ma sono due caratteri ben diversi. Si può dire che l’intelligenza include la capacità di capire, imparare e valutare, la creatività, l’originalità, la fantasia, l’intuizione, la rapidità trasformare un’idea in un’iniziativa imprevista e la scoperta di tante soluzioni che nessuno potrebbe dare. Agisce allo scoperto ed è sempre apprezzata come una qualità positiva che dà la misura dell’ingegno. La furbizia, invece, con la quale si possono intendere le condotte truffaldine, le finzioni, gli espedienti impiegati di nascosto, i gesti violenti e tutto ciò che è illecito nello sport, non ha evoluzione nel gioco e non agisce sulla formazione dello sportivo e della persona.

Tutti questi stratagemmi sono addirittura un ostacolo alla scoperta, allo sviluppo e all’uso del talento, perché servono nelle singole situazioni e non possono avere uno sviluppo. Il talento, infatti, non è semplicemente abilità tecnica ma intuizione, creazione e capacità di scelta e, quindi, si scopre quando si deve fare fronte a una situazione nuova, sconosciuta e da trasformare in un’iniziativa originale. Per questo, entrano in funzione i livelli superiori dell’intelligenza, che trasformano anche le soluzioni create dal talento in automatismi che diventeranno stabili. I trucchi della furbizia, inoltre,  si possono imparare e usare senza fatica e impegno intellettivo, mentre il talento è individuale e non si può trasmettere né insegnare, ma va scoperto da chi lo possiede. La furbizia è sempre un ostacolo allo sviluppo della mente e, nello sport, anche di chi lo pratica, perché allena a giocare per la vittoria manipolando le situazioni o eludendo le regole, ma non insegna a ottenerla, e dà sportivi che non usano tutto il loro talento, che non conoscono.

Insegnare ai giovani a essere furbi non forma lo sportivo.

La semplice furbizia porta a fare un gioco sporco per l'oggi non fa arrivare allo sport vero, e addirittura all’adulto stesso. Si allena a giocare per la vittoria manipolando le situazioni o eludendo le regole, ma non s’insegna a ottenerla, e dà sportivi che non usano tutto il loro talento, perché non hanno avuto modo discoprirlo e allenarlo. Lo sostituisce con artifici che non serviranno quando si giocherà davvero per vincere, e procura vittorie rubacchiate e solo provvisorie che non danno sicurezza.

Le furbizie abituano ad aggirare gli ostacoli invece di sviluppare le risorse e i modi per affrontarli. Subito possono bastare, ma bloccano la creatività, l’iniziativa personale, l’ingegno e l’intuizione, che sono i caratteri specifici del talento.

I trucchi sono gli strumenti tipici di chi cerca scorciatoie perché non sa misurarsi alla pari. Può essere l’unico modo per competere quando le forze sono troppo sbilanciate, ma un giovane, deve scoprire e imparare a usare tutte le possibilità che compongono il loro talento, che sono le vere qualità della vita adulta e dell'agonismo.  I trucchi autorizzano a simulare, a lasciarsi andare a vittimismi o a comportamenti aggressivi e violenti, a fare scene, a usare mezzi sleali che non serviranno per lo sport vero. Inoltre, tutte queste azioni e finalità sono messe in atto a danno del talento di ognuno.

Non sono da trascurare altri rischi: se un giovane è spinto a essere sleale e soltanto scaltro con tutti, perché non lo dovrebbe essere anche contro l’adulto, genitore o istruttore, che lo dovrebbe educare? Ha senso una formazione in cui s’insegnano trucchi e slealtà, quando le potenzialità si scoprono e si manifestano usando tutte le proprie qualità? I rimproveri, le mortificazioni e le punizioni hanno significato quando si sa che, per scoprire il talento, occorre essere lucidi, e poter sbagliare, e la creatività e l’ingegno hanno bisogno di prove, con tentativi ripetuti e possibili errori? E perché non si considera che un gioco “di furbizia” impone l’impiego di stratagemmi utili all’occasione e, quindi, d’iniziative del tutto individuali e prive di sviluppo collettivo.

La furbizia dà qualcosa al momento, perché insegna a usare mezzi che gli altri non conoscono, ma è un ostacolo allo sviluppo della persona, che è fondamentale per la formazione dello sportivo autonomo, responsabile, sicuro, consapevole dei propri mezzi e capace di imparare e progredire per tutto il periodo della carriera. Chi è stato formato, invece, a usare strumenti soltanto utili al caso, sviluppa insicurezze di fronte a situazioni che non conosce, perché non è stato allenato a trovarle. Non ha convinzione di farcela quando non può ricorrere ai trucchi. Aggira gli ostacoli invece di sviluppare le risorse e i modi per affrontarli. Non impara a vincere con la propria abilità e a sperimentare soluzioni diverse e impreviste. Dopo essere stato allenato a essere più furbo di tutti con mezzi illeciti, lo sarà contro l’adulto che l’ha insegnato. Infine, occorre considerare che, per imparare le vie traverse, se si vuole, serve un attimo, mentre i momenti dello sviluppo delle abilità inutilizzate oggi non si recupereranno.

Proviamo a immaginare un giovane di qualsiasi sport che, invece di cercare il gesto tecnico migliore per contrastare un avversario o superare una difficoltà, mette in atto un trucco che esclude l’uso delle capacità del proprio talento. Subito è la via più facile, ma abituare un giovane a scegliere la via che dà di più e senza fatica, diventa un’abitudine difficile da correggere anche fuori dello sport.

Vincenzo Prunelli

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