La formazione tradizionale è frutto di impegno e passione e certamente ha anche effetti positivi, e per questo va apprezzata, ma ciò non esclude un’interpretazione critica. L’augurio più bello che ci si può aspettare da queste considerazioni è che tanti le rifiutino e ne trovino di migliori: significherebbe che tanto sport è già cambiato.
A Trascura ciò che è specifico del singolo a vantaggio di una rigida aderenza a modelli ottimali. Per esempio, chiede al bambino di imitare il gesto del campione “perché non assuma difetti non più correggibili”, come si dice, ma con alcune incoerenze.
- Il gesto del campione è inimitabile, perché è possibile solo a lui, richiede mezzi fisici che il bambino non ha ancora, e tecnici che non avrà mai.
- La natura porta a utilizzare ciò che è possibile e più funzionale e, nello sviluppo, nulla lo è più di ciò che si possiede. All’allievo, il gesto del campione servirà per migliorare il proprio quando lo avrà sviluppato, ma non lo potrà mai sostituire.
- Chiedere prestazioni impossibili è un’illusione rischiosa, nello sport perché impedisce quelle possibili, e nel carattere perché predispone a sentirsi inadeguati o a scegliere percorsi pericolosi.
B Raggiunge l'imitazione e l'apprendimento passivo ma non l'intuizione, la critica e la creazione e l’ingegno, che sono i livelli più elevati dell'intelligenza. Dà, invece, soluzioni già definitive, si aspetta esecuzioni corrette e condanna l’errore.
- Poiché considera l’allievo un puro recettore ed esecutore, lo relega in una condizione passiva ed esclude i livelli superiori dell’intelligenza, che è la sede che comprende e in cui opera il talento.
- Esclude l’iniziativa libera, che nasce dai livelli superiori dell’intelligenza e ha bisogno della possibilità di sbagliare perché cerca il nuovo, che è tale perché non è ancora sperimentato.
- Ostacola la creatività, che è lo strumento per cercare alternative e soluzioni, stimola il coraggio di provare e la correzione dell’errore, che è quasi indispensabile perché giocare solo per evitarlo è la negazione dello sport
C Interviene con strumenti impersonali e uniformi, e pretende di investire l'allievo con stimoli che dovrebbero portare agli effetti attesi.
- Propone un insegnamento uniforme, “a pioggia” e a direzione unica, di cui ha difficoltà a verificare gli effetti, perché non è interessato alle opinioni e alle proposte dell’allievo.
- Prepara le gare parlando di rabbia, cattiveria, adrenalina e a vote qualcosa di più. Può voler dire solo determinazione e iniziativa, ma è anche facile che abbia effetti imprevisti anche in campo e fuori. In ogni caso, procura sempre una tensione che influenza il rendimento.
- Dispensa rimproveri e punizioni per una sconfitta, e in questo modo crea ostilità e voglia di restituire ma, soprattutto, ritiene il giocatore immaturo incapace di essere responsabile.
D Non rispetta le tappe evolutive, che sono strettamente vincolate allo sviluppo fisico, emotivo, intellettivo e, nello sport, anche tecnico.
- Considera il bambino come un piccolo professionista da trattare soltanto con dosi diverse, ma così crede di poterlo formare facendogli eseguire gesti prematuri e non suoi.
- Ritiene la specializzazione precoce l’unico strumento per abituare da subito al gioco degli adulti, mentre il bambino scopre e sviluppa il talento soltanto attraverso il gioco.
- Attende uno sviluppo spontaneo e privo di quelle norme e che regolano la vita e l'attività dell'adulto.
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