Ci sono giovani che sembrano accettare tutte le ragioni, promettono di cambiare, ma poi ritornano sugli stesi errori e le stesse trasgressioni. Se si vuole attuare una correzione che abbia effetti duraturi e cambi il carattere, o almeno anche solo le abitudini, non basta sapere su cosa
intervenire e farlo nel modo più garbato. Occorre stare attenti a come si fa e ricordare alcune considerazioni che riguardano tutto l'arco dell'educazione.
La più ovvia, ma più difficile da applicare, è che per non essere costretto a correggere, l’istruttore non deve stimolare o lasciare sviluppare in nessun momento della formazione bisogni e richieste che in seguito non potrà più esaudire. E poi, che è efficace solo quando configura la correzione come un intervento educativo. Tenga, quindi, conto che la trasgressione, anche se sempre meno, procura tensione e sensi di colpa e, dunque, il problema va discusso come qualsiasi altra questione, e senza imporre semplici divieti. Se si arriva a una soluzione soddisfacente e vantaggiosa anche per ci trasgredisce nonostante debba essere corretto, infatti, la correzione non è più un'imposizione o una specie di magico colpo di spugna, ma un contributo che porta nuove soluzioni e riduce la distanza comunicativa tra istruttore e allievo.
La correzione efficace e duratura se l’istruttore interviene sul carattere degli allievi, e non per farli diventare come li vuole lui, ma perché siano loro a evolvere e arrivare dove lo consentono le loro forze, potenzialità e scelte. Quando, invece, ci prova con premi, punizioni e discorsi “seri”, ottiene modificazioni esteriori provvisorie che non incidono sul loro stile di vita. E se usa le maniere forti, a volte sembra avere successo, ma raggiunge una sottomissione solo apparente, un affidarsi passivo o un rancore che cova sotto, e alla fine li porterà a una formazione distaccata o a opporsi a tutto.
L’allievo che rifiuta le regole della formazione non ha, o ha perso, un vero obiettivo. Non si diverte e non è interessato allo sport, non si sente abbastanza dotato rispetto agli altri o non ha ancora il coraggio per misurarsi. in ogni caso, attua una scelta di ripiego, come poter eludere un compito, oppure cercare un potere fittizio sull’istruttore o una protezione che lo costringa a dedicare attenzione alle sue debolezze. È ovvio che questi falsi scopi, pur sgradevoli e a volte aggressivi, nascano da uno scoraggiamento, e possono essere solo da un atteggiamento formativo che dia coraggio e sicurezza.
L’istruttore non porta nessuna correzione se prima non rimuove, o non aiuta gli allievi, a rimuovere le cause che determinano l’errore o la trasgressione. Questo compito spetta prima di tutto lui, sia perché alla base della loro trasgressione vi sono sempre anche qualche suo errore, magari soltanto uno sgarbo involontario o una dimenticanza e, sia, perché quasi mai sono in grado di risalire da soli alle motivazioni dei loro comportamenti.
Infine, quando ha provato a correggere in un determinato modo e ha solo ottenuto di far nascere un conflitto è inutile insistere sulla stessa linea, perché potrebbe soltanto esasperarlo.
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