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libro prunelli 2014

Perché parlare dei difetti di medico e paziente?

I casi sono non reali, ma una descrizione cruda di situazioni che si verificano nella professione serve per capirci meglio.

Da dove si parte e dove si vuole arrivare e, quindi, quale medico e quale paziente ci potremo aspettare domani?

Del medico c’è poco da dire, se non augurarsi che ritrovi l’entusiasmo di quando ha scelto la professione, impari a parlare “con” il paziente e informi, non si senta minacciato e non capito, non sia troppo sulla difensiva e non creda di essere più apprezzato se si mantiene distante.
E il paziente? Ci aspettiamo un paziente consapevole che la salute è rendere più tollerabile ciò che non si può guarire, e che descrivere una sofferenza che non esiste non fa ricevere cure migliori, ma sbagliate, capace di collaborare nella diagnosi e nella terapia, autonomo da non avere sempre bisogno di essere portato per mano e protetto e responsabile nei confronti della propria salute e delle esigenze di tutti.

Il rapporto medico-paziente: una strada da costruire.

L’organizzazione mondiale della categoria definisce i medici di famiglia “specialisti con formazione specifica nella disciplina che esercitano, medici personali, responsabili di provvedere alla cura continua e completa d’ogni individuo, indipendentemente dall’età, dal sesso e dal tipo di malattia… si prendono cura dell’individuo nella sua famiglia, comunità e cultura rispettandone sempre l’autonomia… sanno di avere una responsabilità professionale nei confronti della comunità in cui vivono. Integrano gli aspetti fisici, psicologici, sociali, culturali ed esistenziali dei pazienti per gestire con loro i problemi, utilizzando la conoscenza e la fiducia create da contatti ripetuti. Nell’esercizio del loro ruolo professionale operano per promuovere la salute, prevenire la malattia e fornire terapie, assistenza o cure palliative… devono essere responsabili dello sviluppo e del mantenimento delle abilità, dell’equilibrio personale e dei valori che sono alla base di un’efficace e sicura assistenza ai pazienti”.

Questa breve sintesi aiuta a comprendere compiti, diritti, responsabilità e doveri del medico e del paziente, ma ci sono anche altri fattori. La scienza fa progressi fino a ieri neppure immaginabili, le prospettive di vita aumentano e il paziente è più informato e attento alla salute. Vuole collaborare, ma è convinto che la Medicina sia onnipotente, e che il medico possa scoprire e guarire qualunque male, preservarlo dalla sofferenza e, forse, anche dalla morte, e per questo sia anche responsabile della sua infelicità.

Il medico, invece, sa che la Medicina non può tutto, è sempre più esposto all’errore, non può soddisfare ogni esigenza, e intanto deve sopperire a un sistema imperfetto, che promette e poi non mantiene, e gli addossa le responsabilità degli inevitabili insuccessi.

Entrambi hanno ragioni, ma anche torti. Il paziente vorrebbe un medico sempre pronto a esaudire, al totale servizio. Il medico, invece, vorrebbe un paziente sempre d’accordo e mai angosciato da problemi che non gli sa risolvere, adorante e fiducioso, ma la realtà è diversa. Ognuno ha caratteri ed esigenze che si manifestano anche nel rapporto terapeutico, e una discreta propensione a lagnarsi.

Il rapporto, però, non è deteriorato come si vorrebbe far credere, come dimostra il gradimento che i pazienti manifestano per il loro medico e la relazione di solito amichevole, e spesso anche affettiva, che sviluppano tra loro. Poi, la maggior parte dei pazienti non manifesta sofferenze superiori alla malattia e vuole solo una terapia. Infine, il medico può avere modi non sempre cortesi, ma sa che a volte non hanno una malattia, ma solo bisogno di parlare e di essere rassicurati, e che i propri modi sono forse la terapia d’uso più frequente.

Certa informazione e tanti non capiscono che la sfiducia verso il medico va a danno del paziente. Presentano un medico indifferente verso i malati e le loro sofferenze, che approfitta della propria posizione e gioca con la vita della gente. Troppi vorrebbero insegnare come si esercita la professione senza aver mai conosciuto la sofferenza, sentito il profumo della paura o condiviso l’entusiasmo della speranza. E senza essersi mai trovati a decidere da soli e in emergenza come fa il medico, che è responsabile della salute e, a volte, della vita del paziente.

Dall’altra parte c’è il medico che si sente accerchiato, e allora il paziente diventa un avversario che lo esige sempre a disposizione, infallibile e dal sapere illimitato. A volte ha a che fare con chi lo vuole pronto ad accorrere per due linee di febbre, o lo chiama a casa per non fare la coda in ambulatorio. S’indigna perché fuori del suo orario di lavoro vuole pensare ai fatti propri e qualche volta è meno cordiale e comprensivo. Lo vuole sempre disponibile ad ascoltare anche solo una curiosità, ma non accetta di essere richiamato se è lui ad avere modi arroganti o reclama di fare come vuole. Pretende che sia umano, ma che non si aspetti umanità, disposto a subire giudizi immotivati, competente per garantirgli il benessere totale, e serio e onesto, ma intanto disposto a redigere certificati falsi e a prestarsi a degli sprechi.

Oggi il medico opera tra le certezze non infallibili della conoscenza scientifica e il campo poco esplorato e complesso delle scienze umane. La convinzione che il farmaco possa guarire qualsiasi male e la scienza abbia una risposta a tutto lo costringe a prendere atto dei propri limiti, mentre assumono evidenza le questioni più propriamente umane, che non è stato preparato ad affrontare. La popolazione che invecchia e la possibilità di mantenere solo in vita tanti pazienti propongono più casi di persone sole e prive d’autonomia. Per questi e altri motivi, al medico si chiede capacità d’ascolto, comprensione e disponibilità, e che salvaguardi le esigenze d’ogni paziente nel rispetto della sua dignità.

Medici e pazienti hanno difficoltà a comunicare, ma l’augurio è che cerchino di capirsi. Un rapporto è necessario, ma il medico non è un missionario che deve soffrire per le malattie dei pazienti e soddisfare qualsiasi richiesta o pretesa. È un professionista che deve svolgere al meglio il proprio lavoro, senza sentirsi in colpa se ha fatto il possibile e non è riuscito a guarirli.

Quale deve essere la preparazione psicologica del medico? Servono conoscenze, ma la tecnica non basta, perché si possono creare rifiuti, incomprensioni e resistenze. Né basta una lunga pratica poiché, senza un’opportuna formazione, ognuno continua a proporsi uguale solo cambiando le dosi, o si avventura in tentativi difficili da condurre. Serve una formazione che permetta di verificarsi e imparare e cerchi di risolvere solo ciò che è possibile o anche solo utile, perché andare oltre è deludente, o anche, pericoloso. Il medico potrebbe "psicologizzare" il rapporto terapeutico e mettere in secondo piano l'intervento medico, oppure costringere il paziente a un affidamento passivo invece di portarlo ad assumere le responsabilità che gli competono. In ogni caso, conoscere un metodo non basta: occorre che continui ad affinare i modi che impiega, le reazioni e le emozioni che prova, a valutare gli effetti dei propri interventi e a sperimentare le conoscenze che acquisisce.      

Serve analizzare tensioni, debolezze e difetti del medico e del paziente, i motivi di una crescente distanza e il bisogno, per l’uno, di difendersi e, per l’altro, di sfidare o di affidarsi. Medico e paziente devono conoscersi, prendere atto di ciò che crea distanza, e tentare insieme un’efficace correzione, condannare le pretese, le incomprensioni e i conflitti, che producono un danno a entrambi, ed esercitare un’opera educativa che li porti a essere costruttivi.

Non si vuole insegnare la psicoterapia, anche se è opportuno farne alcuni cenni, ma rilevare gli elementi psicologici che accompagnano la malattia, che cosa rende più facile e produttiva la professione, gli errori da evitare e i tranelli dai quali ripararsi. L'intenzione è di portarli ad assumere consapevolezza dei propri atteggiamenti e degli effetti che l'uno determina nell'altro, e rimuovere ostacoli alla comprensione reciproca che, il più delle volte, sono francamente banali e superabili.

 

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"Io e il mio Medico", Vincenzo Prunelli, Edizioni Minerva Medica, Torino, 2014

 http://www.minervamedica.it/it/volumi/testi-di-cultura-generale/testi-di-cultura-generale/scheda.php?cod=L2087

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