Le vostre domande

PREMESSE
Le considerazioni si riferiscono a concetti generali, ma vi ci sono casi che possono essere discussi e, a volte, suggerire interventi particolari.
Poiché l’obiettivo di Nuovosportgiovani è un dialogo collettivo, chi ha precisazioni, osservazioni o punti di vista diversi, invii le proprie opinioni a vincenzoprunelli@tiscali.it.

PREMESSE
Le considerazioni si riferiscono a concetti generali, ma vi ci sono casi che possono essere discussi e, a volte, suggerire interventi particolari.
Poiché l’obiettivo di Nuovosportgiovani è un dialogo collettivo, chi ha precisazioni, osservazioni o punti di vista diversi, invii le proprie opinioni a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..

01 È UTILE IL RIPASSO PRIMA DELLA GARA?
NO

Nello sport per tutti
Si dice che lo fanno negli sport di vertice, e imitarli è sempre apprezzato.
Timore di non avere strumenti, o fare almeno qualcosa.
Se qualcosa non è stato capito prima, non può essere insegnato in situazioni di tensione.
Nel grande sport
Cose sentite per anni si sanno, oppure si “ripassano” fuori dal clima di gara.
Per opporsi a un gesto in atto, sarebbe troppo lento scegliere la contromisura.
Parlare di gesti sempre perfetti rende l’avversario più forte e temibile.
Si parla di gesti eccezionali che si teme di dimenticare o si sa di non possedere.
All’insicuro che vorrebbe garantirsi in tutto, aumenta la paura.
Nella gara serve adattarsi all’istante a ciò che richiede la situazione.
Se pensare a un gesto dell’avversario porta al ricordo di un intervento non riuscito, può essere difficile cancellarlo senza esserne condizionati.

02 A QUALE ETÀ’ PUÒ INIZIARE LA SPECIALIZZAZIONE?
11 ANNI

Nel bambino la specializzazione consiste nel cercare solo il poco che serve subito.
Il bambino non ha ancora le strutture per imparare, ragionare e fare come l'adulto.
Fa la stessa cosa per tutti, ma il talento è una potenzialità che distingue ognuno.
Lavora sulle poche qualità che conosce e sa usare, e non lascia scoprire le altre.
Penalizza soprattutto il talento, perché deve eseguire invece che creare.
Dà indicazioni certe, ma il bambino non è materia da adattare a un modello ideale.
Si possono soltanto creare le condizioni perché sviluppi ciò che solo lui possiede.
Forma tanti atleti uguali, ma non quello che vi è in ognuno.
Si chiede l’impossibile, come imitare il gesto del campione.
Un gesto tecnico è composto di piccole modifiche successive, fino alla forma definitiva.  
La ripetizione e l’insegnamento uguale per tutti sono ostacoli alla creatività.
La specializzazione può iniziare dopo che ha sviluppato tutte le qualità e le sa usare.
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03 LO SPORT HA EFFETTI POSITIVI SULLA SCUOLA?
Si

La scuola
Fa lavorare l’ingegno, obbliga a misurarsi alla pari e fa sentire adeguati fuori dello sport.
Fa crescere uno sportivo più maturo, evoluto e sicuro.
Lo sport
Rinforza la sicurezza, l’ottimismo, l’autostima, Il carattere, il fisico e la cura di sé.
Attività fisica, cervello e mente
Produce un aumento delle sinapsi e sviluppa fattori neurotrofici che nutrono i neuroni.
Stimola l’intelligenza, migliora la salute e le capacità cerebrali e attiva circuiti neuronali.
L’esercizio che diverte rende la mente più agile e riduce lo stress.
Dopo un allenamento, la mente memorizza a una velocità superiore del 20%.
Riduce il livello di cortisolo, coinvolto nello stress.
Ha effetti più marcati sui lobi frontali: organizzare, prendere decisioni e iniziative, miglioramento di umorismo, attenzione e memoria.
Come sport allena il cervello
Il movimento è correlato a una maggiore salute cerebrale e a un miglioramento delle capacità cerebrali.
Rallenta l’invecchiamento del cervello e ne migliora le capacità.
Sviluppa fattori neurotrofici che nutrono i neuroni e contribuiscono a mantenerli sani e funzionali e attiva nuovi circuiti neuronali.
Lo sport vario per intensità e attività, non sovraccarica e attiva circuiti neuronali in più aree cerebrali differenti.
Lo sport aiuta la scuola
L’ingegno che crea stimola interesse e annulla la fatica.
L’allenamento gradevole e creativo elimina noia e stanchezza.
Se non da semplicemente degli ordini, ma fa insieme, valorizza il ruolo del gioco e del divertimento, lascia la libertà di sperimentazione, d’iniziativa e di azione possibile, fa partecipare ed esercitare l’inventiva.
Insegna a individuare e applicare nuovi metodi e a conseguire gli obiettivi da soli.

04 CON I GIOVANI, È POSITIVO GIOCARE SOLO PER VINCERE?
No

Una partita giocata solo per vincere è un'occasione persa.
Se conta solo la vittoria, s’impara e utilizza ciò che serve per vincere subito: lecito o no.
Si nega ai giovani la possibilità di sperimentarsi e imparare anche di là del risultato.
Non s'insegna a superare ciò che è già raggiunto e a scoprire ciò che è solo potenziale.
È un obiettivo modesto che fa regolare l'impegno e l'iniziativa sulla forza dell'avversario.
Giocare solo per il risultato non abitua a impiegare sempre le forze a disposizione.
Giocare per “giocare meglio” è meno faticoso e ripara da crisi e scadimenti di forma.
Chiede di usare solo gesti collaudati, sicuri e non esposti all'insuccesso.
È un freno al talento che, per tentare il nuovo, deve anche rischiare l'errore.
Usa stimoli che ottengono effetti contrari, come il furore agonistico, attese angosciose, esaltare la forza dell'avversario per dare combattività, stimolare la paura di perdere e costringere a difendersi dall'errore e dalla sconfitta.
La mente ha potenzialità immense, ma una propria logica. Arriva al top del rendimento con un'attivazione che non superi il livello ottimale, altrimenti diventa ansia o furore agonistico confuso che chiama in causa i livelli emotivi e istintivi, ma non la lucidità, la creatività, l'iniziativa e l'invenzione del nuovo.
Se qualcuno ha dei dubbi, pensi alla sua partita più bella, all'esame da trenta o a un momento di gioia intensa. Aveva paura o era entusiasta e impaziente di giocare? Pensava che avrebbe commesso errori o ai gesti più belli che avrebbe compiuto?

05 LA FORMAZIONE ATTUALE AGISCE SULL’INTELLIGENZA?
 No

L’intelligenza è somma d’intuizione, logica, analisi, sintesi, pensiero razionale, creatività e ingegno.
I tre livelli: apprendimento, critica, creazione
Apprendimento: è essenziale, ma abbastanza passivo.
Critica: sapere perché le cose si fanno, come e dove si vuole arrivare, che è il modo per chiamare in causa i livelli superiori, e quindi la creazione e l’iniziativa.
Lo sport non opera sulla persona: dà soluzioni e dica come e che cosa fare.
Allena l’apprendimento, ma non la critica e l’invenzione, che sono i livelli più elevati.
Se ostacolata o non armonica, si può esprimere in direzioni non costruttive o distruttive.
Il livello si valuta dalla capacità di imparare, analizzare, capire, criticare, creare il nuovo.

07 BASTA DARE SOLUZIONI OTTIMALI E CORREGGERE GLI ERRORI PER INSEGNARE?
No

Si allena l’apprendimento, ma non la critica e la creazione.
La soluzione nella gara è frutto degli automatismi, e non di una ricerca al momento.
Le soluzioni sono di chi insegna e bloccano il talento, che ha bisogno del dubbio, della situazione da risolvere e della possibilità di Inventare il nuovo e l’imprevisto.
La gara è ricerca continua di soluzioni per rispondere alle iniziative dell’avversario e creare situazioni originali e imprevedibili.
È importante allenare a trovarle da soli, mentre è addirittura negativo averne centinaia di altri solo da usare.
Il collettivo è capacità di trovare la soluzione utile al momento e di adattarla con quella di tutti: per questo serve insegnare a trovarle e a saperle amministrare da soli.
L’esperienza dell’adulto è anche trasmissione di esperienze collaudate, ma soprattutto della capacità di trovarle da soli.

08 AL BAMBINO BASTA IL GIOCO LIBERO (CON POCHE REGOLE) PER SVILUPPARE IL TALENTO?
Si

Il gioco libero possiede tutti i gesti dello sport possibili all’età.
Il talento non è uguale per tutti, e il gioco libero è il percorso per sviluppare il proprio.
Non ha senso fargli imitare quello del campione, perché non ne avrà mai i mezzi tecnici, o allenarlo da subito a quello dell’adulto, perché non ha ancora quelli fisici e, soprattutto, deve rinunciare ai propri.
Il talento nel bambino è una potenzialità e, come per tutti, è strettamente personale. Solo quando avrà acquisito armonia e padronanza potrà modificarlo prendendo spunti da quello del campione.
Il talento comprende le abilità, ma è soprattutto nell’uso che ne può fare, che è la capacità di usarle secondo la situazione e la condizione che si vuole imporre.
Nel gioco, il bambino non conosce il trucco, la violenza o le furbate, che sono elementi quasi impliciti nella specializzazione precoce e nel giocare solo per vincere che, specie nel giovane sono i più grandi ostacoli alla scoperta e allo sviluppo del talento.

09 SI PUÒ DARE IL 110%
No

Si può dare solo ciò che si ha
Al massimo si dà qualcosa che, per condizioni, avversari o situazioni non abituali, si avvicina al 100%, ma probabilmente non raggiunge mai, altrimenti significherebbe non poter acquisire più nulla e migliorare.
Si dovrebbe dire che 10% in più è ciò che non si è riusciti a dare nelle altre gare, e in pratica avere giocato al livello delle proprie possibilità e vicino al rendimento possibile e al quale ci si dovrebbe arrivare sempre.
Come utilizzare le gare eccezionali? Non limitarsi a festeggiare, ma andandone a cercare tutti i motivi per poterli ripetere.

10 DEVE SCEGLIERE IL GENITORE LO SPORT DA PRATICARE?
No

Almeno fino ai sei anni deve essere un gioco non regolamentato che interessa tutto il corpo.
Il genitore sceglie quello che piace a lui, fa moda o promette di più, ed è difficile che scelga quello che piace al figlio.
E meglio che il figlio, se non si diverte, ne provi più di uno, finché troverà quello che gli piacerà di più, che solitamente è quello in cui riesce meglio.
Se il figlio vuole cambiare, il genitore ne parli, ma non si opponga, perché diventerebbe il colpevole di qualsiasi suo disagio nello sport.

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