Le vostre domande

[Domanda da Ferraro Giuseppe Torino]

Tanti giovani sono disposti a tutto, e vivono turbamenti così intensi da far immaginare esiti non rimediabili, perché mettono davanti ad ogni cosa un riconoscimento pubblico, una vittoria o una medaglia.

Nella formazione, una partita giocata solo per vincere e non per scoprire il proprio talento e imparare, è inutile. Logico che anche con i giovani si faccia sport per vincere ma, per non ostacolare lo sviluppo del talento e creare ostacoli al rendimento, occorrono molte attenzioni.

Prima della gara, l'assillo di vincere aumenta la paura di perdere, toglie fiducia e coraggio, perché conta il risultato, mai certo, e non il livello della prestazione. Enfatizza la forza dell'avversario e la difficoltà della gara, crea pensieri negativi perché, nell'attesa, al desiderio della vittoria e alla sicurezza, subentra la paura della sconfitta. E, in ogni caso, un livello di attivazione eccessiva è contrario al rendimento.

Durante la gara, ci sono attese cariche d'affanno, ansia e paura di perdere, che sono l’altra faccia del giocare soltanto per vincere e non farcela, che disperdono energie e contrastano l'attenzione, la padronanza dei propri mezzi e la sicurezza per controllare le difficoltà. L’obbligo di vincere, poi, impone di adottare solo i gesti che altre volte si erano rivelati efficaci e impedisce di inventare soluzioni più adatte al momento. Frena la creatività, perché la ricerca del nuovo espone di più all’errore, ma è l'essenza del gioco e del rendimento.  Diminuisce sicurezza e coraggio per giocarsela sempre tutta, perché l'atleta troppo teso e "caricato" non riesce a mantenere la continuità per far fronte a qualsiasi situazione. E produce anche un altro effetto: alle prime difficoltà subentra la paura di perdere, che costringe a giocare soltanto per salvarsi dalla sconfitta.

E allora, non si può giocare per vincere? Il quadro descritto è scoraggiante, ma si vince anche in condizioni sfavorevoli. Si vince, però, di più se si gioca anche per imparare e migliorare, pecie con il talento, che deve essere formato per giocare meglio dell’avversario. Poiché per questo deve tentare il nuovo, occorre non chiedergli una tensione e un livello di adrenalina che superano l’attivazione positiva e riducono le condizioni del rendimento, e lascargli impiegare liberamente le proprie qualità invece di costringerlo a contrastare con qualsiasi mezzo quelle dell’avversario. In pratica, si vince di più se si gioca meglio, che avviene quando s’impiegano al meglio le proprie qualità e non si ricorre a mezzi che le estinguono.

Le vostre domande.

Vincenzo Prunelli

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