Le domande degli allenatori

Basta l'esperienza per essere un allenatore o è anche necessario dialogare? Dipende dalla nostra evoluzione. 

Se siamo convinti che basti la nostra esperienza, non andiamo più in là di ciò che vediamo noi, ma così otteniamo solo un semplice esecutore che non mette mai niente di suo: occorre che anche l'allievo partecipi e il dialogo è essenziale.

Se parliamo e ragioniamo solo noi, possiamo impartirgli ordini e disposizioni, mostrargli le azioni e i gesti più giusti o aiutarlo ad acquisire alcune abilità. In questo modo gli trasmettiamo il nostro modello e non gli permettiamo di scoprire e sviluppare il proprio, che è quello che gli permette di raggiungere il massimo dell’efficienza.

Se non abbiamo la sua risposta, non saremo mai sicuri se ha capito o ha dei dubbi, oppure conoscere cosa sia meglio per lui o quali siano davvero le sue qualità. Se non è lui a dircelo, non possiamo capire se è in forma, quale problema non riesce a risolvere, se ha un'idea sbagliata o se ha risorse che ci potrebbero servire. Se non è lui a scoprirle non possiamo capire quali sono le sue potenzialità e lavoriamo solo su quelle che gli attribuiamo. Se non adattiamo le richieste alle sue qualità, quindi, facciamo un lavoro uguale per tutti e non lavoriamo sulle qualità e sul talento di ognuno. E, soprattutto, non raggiungiamo quella condizione che consente all'allievo di andare da solo oltre il nostro insegnamento.

Ciò non significa che la nostra esperienza non serva. È essenziale perché, anche se non ce ne rendiamo conto, da ciò che avviene e ci coinvolge qualcosa impariamo sempre. Dobbiamo però abituarci a cogliere il nuovo da ciò che ogni allievo ci propone di sicuro e arricchire la nostra esperienza, perché la somma dei contributi e la collaborazione che l'allievo stesso ci può fornire sono gli unici strumenti che la valorizzano.

Inoltre, il dialogo ci consente di non chiedere troppo o troppo poco. Per esempio, quando vogliamo anticipare il passaggio di un giocatore a una squadra più adulta, se non abbiamo modo di valutare il livello della sua sicurezza, possiamo forzarlo quando non se la sente ancora e bloccarlo di fronte alle maggiori difficoltà. Oppure, quando lo facciamo stare dentro schemi che per lui sono troppo rigidi o semplicistici, gli togliamo la possibilità di creare, che è la parte essenziale dell'apprendimento e della partecipazione.

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