Le domande degli allenatori

Ho un allievo bravino che si nasconde durante la gara.

Come posso fare per valorizzare una sua idea e tirarlo dalla mia parte?

Lo incoraggio dicendogli "bravo"? Dipende anche da me? 

Il "bravo" e gli elogi sono strumenti per incoraggiare, ma sono giudizi che vanno meritati, altrimenti sono interventi freddi che ottengono effetti inattesi. Quando vediamo che risponde a questo nostro stimolo, non dobbiamo temere di frenare il desiderio di fare meglio, ma non si può esser d’accordo sull'uso di lodi e gratificazioni manipolative, cioè sul "bravo" che spesso si usa per stimolare a dare di più.

Perché si nasconde?

Non si può fare altro che parlarne perché ce lo dica lui. Potrebbe:

  • mancare di coraggio e determinazione per carattere;
  • avere paura dello sconto fisico;
  • non rischiare per paura di un giudizio negativo;
  • non sentirsi all’altezza dei compagni;
  • non essere abbastanza interessato a quello sport;
  • magari aspettare l’occasione per abbandonare;
  • avere cattivi rapporti con i compagni;
  • sentirci troppo distanti e magari credere di non essere apprezzato;
  • avere semplicemente difficoltà ad alzare il livello agonistico, perché non è preparato a giocare con il coltello tra i denti.

Come sempre, ognuno è un tipo particolare diverso dagli altri, e quindi le cause possono essere tante, ed è difficile scoprirle se non siamo abituati ad ascoltare senza dare subito la nostra soluzione.

Forse è inevitabile che anche noi abbiamo qualche responsabilità. Come il condurlo troppo per mano, offrendogli tutte le soluzioni senza mai chiedergli di fare qualcosa con le sue forze, e lasciandolo quindi impreparato quando si tratta di uscire dagli schemi per metterci del proprio. O, al contrario, che abbiamo un modo troppo distaccato ed esigente di guidare la squadra, ritrovandoci alla fine con allievi insicuri che non si sanno districare nelle difficoltà.

Possiamo anche non toccare il tasto giusto per infondergli coraggio, come quando:

  • non lo alleniamo a gestirsi da solo e ci limitiamo a stimolarlo dicendogli come fare, mentre lui ha insicurezze e freni psicologici che così diventano più gravosi;
  • lo vogliamo aiutare dipingendogli le soluzioni come fossero elementari, e così gli comunichiamo sfiducia e lo scoraggiamo ancora di più se non riesce a metterle in pratica;
  • gli diciamo che è più forte di quanto in realtà non sia o, al contrario, tentiamo di giustificarlo per non abbatterlo ancora di più, finché lo facciamo sentire incapace.

È quindi il peso di non contare e di sentirsi incapace che blocca questo ragazzo, ed è soprattutto ciò che facciamo che incoraggia o scoraggia. Specie se si defila anche fuori della gara, cerchiamolo noi. Ascoltiamolo, e se ha un'idea valida, il modo migliore per valorizzarlo è metterla subito in pratica e aspettarsene delle altre, mentre, se non lo è, parliamone. Ascoltiamolo, esprimiamogli la nostra opinione e apprezziamolo anche solo perché ha tentato di produrre qualcosa di suo. E non diciamogli semplicemente che cosa deve fare, perché, se ne avesse il coraggio, lo farebbe da solo.

Se l’allenatore si è accorto che è bravino, significa che qualche volta l’ha dimostrato, e allora dobbiamo capire perché non lo è sempre. a volte le cause sono ancora più complesse. Per esempio:

  • la paura di sbagliare che gli abbiamo potuto creare noi o l'ambiente, giudicandolo o caricando le gare di troppa importanza. È facile, allora, che si crei quell'impaccio che fa stare attenti a nascondersi per non commettere errori, invece che a imporre le proprie qualità;
  • l’eccessiva esitazione a prendere iniziative, per paura di non esserne poi all'altezza o perché non gliele abbiamo ordinate, come capita quando abbiamo un ragazzo che sa solo eseguire le nostre disposizioni;
  • la mancanza di un collettivo che lo garantisca di essere appoggiato e di poter ribaltare la situazione.

A volte, però, ci troviamo di fronte a un problema personale più profondo, che non dipende dallo sport. Come nel caso di un ragazzo troppo insicuro che si sottovaluta e crede di non potercela fare o di non essere mai all'altezza degli altri o, addirittura, a una patologia. In questi casi, se insistiamo troppo, rischiamo di andare a smuovere dei problemi ancora più pesanti che poi non saremo in grado di risolvere.

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