Visto l'indirizzo scientifico che ha assunto il calcio nella preparazione fisica e tattica, trovo sempre più difficile motivare e incentivare...
... specie il giocatore estroso e ricco di fantasia, che diventa più incostante.
Non è un indirizzo scientifico che toglie motivazioni e incentivi, ma uno antiscientifico come quello che adotta ancora troppo spesso lo sport. Si tratta allora di scegliere: cercare di fare qualcosa di ragionevole o, forse meglio, non fare nulla, perché ognuno è mosso quanto basta dalle proprie motivazioni, oppure fare qualcosa di sbagliato, che significa soffocarle.
Non si tratta di essere troppo critici o severi, perché sappiamo che ogni allenatore opera sempre a favore dei propri allievi, ma è indubbio che non conoscere come funziona la mente espone a molti errori involontari.
Oggi troviamo ancora allenatori convinti di operare sulle motivazioni distribuendo lodi e premi, oppure punizioni o critiche, senza chiamare in causa la partecipazione. Altri sono convinti di avere a che fare con soggetti privi di carattere e solo da "caricare" con discorsi ai quali non credono nemmeno loro, e così finiscono per confonderli. E altri, ancora, che ricorrono a rituali che nessuno capisce, a certi principi come la maglia, i valori o il nemico da battere, a slogan oppure all'imitazione acritica di sistemi rubacchiati da squadre che vincono. Oggi i giovani non ci credono più, e comunque, tutto ciò che dipende dal caso o da altri crea solo insicurezza e dipendenza. Tutto questo è antiscientifico e distrugge proprio le vere motivazioni.
Ricordiamo che ognuno, specie nel periodo evolutivo, è motivato a:
- scoprire e sperimentare le proprie forze;
- raggiungere i traguardi adatti alle proprie possibilità;
- liberare le spinte creative ed evolutive che sono dentro di lui;
- superare i naturali sentimenti d’inadeguatezza e d’inferiorità;
- ridurre e annullare la distanza che lo separa dall'adulto e da chi lo guida;
- ottenere stima e apprezzamento per le proprie abilità.
Le altre motivazioni e spinte che noi attribuiamo al giocatore, come la rabbia, la maglia, la gara "in cui ci giochiamo tutto" o la voglia imposta che dovrebbe essere più efficace del piacere di giocare, non sono condizioni per rendere meglio, ma piuttosto dei vincoli.
Sembra addirittura troppo facile, ma se non siamo preparati a usare interventi scientifici e non misteriosi o approssimativi, limitiamoci a sgombrare la strada da ciò che opprime le motivazioni:
- facciamo coincidere lo sport con il piacere di farlo;
- non proponiamo traguardi impossibili;
- non pensiamo di stimolare l’impegno con minacce, accuse, “lavate di testa” o simili;
- incoraggiamoli apprezzando l’impegno e le intenzioni prima del risultato;
- offriamo l'opportunità di giocarsela tutta senza paura di una punizione o di un giudizio negativo;
- lasciamoli sbagliare tutte le volte che hanno il coraggio per cercare il nuovo;
- facciamo in modo che ognuno possa esprimere tutta la creatività e l’iniziativa, perché il creativo frenato, o anche solo non capito, ci può giocare contro fino a diventare distruttivo.
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