Le domande dei genitori

L’insegnamento non è semplice trasmissione d’informazioni e di contenuti, ma l’incontro di qualità, caratteri e modi tra chi insegna e chi impara.

Ho tante cose da insegnare e cerco di farlo nel modo più preciso, ma mia figlia non è interessata. Dove sbaglio?

Può dipendere dai figli, che magari hanno limiti che li bloccano o sono distratti da altri interessi, ma parliamo degli errori che possiamo commettere noi genitori. Prima di tutto, dobbiamo sapere che s’impara in modo differente alle diverse età. Al bambino non diamo spiegazioni troppo razionali o complesse, perché impara attraverso il gioco e le percezioni del momento. Non limitiamoci, quindi, a trasmettere informazioni, semplici contenuti o anche norme accertate e non discutibili, a esporre e spiegare le normative della vita adulta o, più in concreto, a dire come fare, offrire soluzioni o proibire.

E allora, come fare? Trasformiamo ciò che vogliamo trasmettere in una scena, in una “situazione” o in un gioco, e il bambino lo vivrà con piacere e come fosse reale.
Neppure più tardi basta essere chiari per essere seguiti. Prima di tutto, viviamo con coerenza ciò che chiediamo ai figli, specie quando vogliamo trasmettere regole o modi da rispettare. Per esempio, non possiamo chiedere la puntualità se non siamo noi i primi a rispettarla, oppure di comportarsi in modi educati quando noi siamo arroganti o non teniamo conto degli altri. La nostra incoerenza li giustificherebbe quando è più facile rinunciare e adeguarsi, o li porterebbe a non riconoscerci autorevolezza e a negarci il ruolo di educatori.
Poi, occorre che rispettiamo certe condizioni.

Anzitutto, favoriamo le motivazioni, che sono gli stimoli più efficaci. Non dilunghiamoci, ma se un giovane è riconosciuto per i propri meriti, sente di migliorare, di essere apprezzato per ciò che fa anche quando non riesce o di arrivare da solo a nuove scoperte e vede applicare i suoi contributi, ha tutti gli stimoli e la curiosità per imparare.

Siamo autorevoli, ma ascoltiamo, accettiamo idee e contributi e, perché no, anche opinioni diverse dalle nostre, cioè siamo anche disponibili a imparare. Cerchiamo intesa e collaborazione, e diamo colore e vivacità a ciò che vogliamo trasmettere, in modo da incuriosire e spingere a impegnarsi. Non interveniamo in modi preordinati e immutabili, altrimenti non lo stimoliamo a essere creativo e originale e a esprimere ciò che ha di più caratteristico e personale. E teniamo conto delle capacità e del momento di sviluppo, per non confonderlo e non essere incomprensibili o per non stufarlo con contenuti banali.

Noi abbiamo esperienze consolidate e capacità superiori, ma non tentiamo di imporle e non offriamo soluzioni pronte. Facciamoci invece consultare e offriamo solo il contributo necessario perché risolva da solo i propri dubbi: aiutiamolo cioè ad arrivare da solo alle soluzioni o, in altri termini, a imparare a imparare.
In definitiva, nell'educazione contano come e che cosa trasmettiamo, ma di più la capacità di creare un clima nel quale i figli acquisiscano, critichino, organizzino, utilizzino secondo schemi personali e mettano in pratica con la loro forza creativa ciò che insegniamo.

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