Qualcuno dice che devo spingere mio figlio a essere ambizioso e a non porsi limiti, altri che devo semplicemente farmi sentire vicino, e altri ancora che mi suggeriscono di non dargli consigli tecnici perché possono essere in contrasto con quelli dell’istruttore. A chi devo credere?
Come fare il genitore
Partiamo da alcuni principi, anche se non conosciuti da tutti. Lo sport è piacere e soddisfazione delle proprie motivazioni, e non sacrificio, lavoro e pressioni. Il rendimento non è furbizia, furore agonistico o pura adrenalina, ma sicurezza, coraggio e lucidità per tentare il nuovo e scoprire il proprio talento. Ognuno può dare soltanto quello che ha, e chiedergli di più significa farlo ritenere incapace e non lasciargli raggiungere ciò che gli sarebbe possibile. Tracciamo alcuni punti che ogni genitore può assumere nei propri atteggiamenti.
Eviti gli interventi che vorrebbero favorire il figlio e farlo andare oltre le sue possibilità, perché sono freni alla scoperta del talento e ostacoli alla formazione dello sportivo adulto. Sia contento dei miglioramenti e che trovi piacere nello sport, che sono gli stimoli più incoraggianti. Eviti anche giudizi negativi e punizioni se non vince perché, farlo per stimolare l’orgoglio e l’impegno, produce scoraggiamento e distacco dallo sport.
Sia partecipe attivo dell'evoluzione e rispettoso della crescita del figlio, che va trattato in modo diverso in ogni periodo dello sviluppo, altrimenti si limitano o, addirittura, si spengono le motivazioni personali, che sono lo stimolo naturale più efficace, a differenza delle sollecitazioni esterne, che di solito agiscono come freno.
Lo aiuti a crescere da solo. Certamente gli offra le proprie opinioni, le spieghi perché le capisca, ma non le imponga, perché il figlio ha bisogno di adattarle ai propri mezzi, che è impossibile se è chiamato solo a eseguire dei comandi.
Cerchi di conoscerlo e capirlo per le qualità, i limiti, le motivazioni, gli obiettivi, i desideri e i bisogni. In questo modo li favorisce se sono positivi, e gli può fornire la propria opinione perché li critichi e li corregga se, invece, sono negativi.
Mantenga lo stesso rapporto di fronte ai limiti e gli errori e ai successi e le sconfitte. Qualsiasi giovane, a meno di conflitti ai quali si oppone riducendo l’impegno o perdendo entusiasmo, di condizioni di disagio alle quali non sa rimediare o di forme nascoste di ribellione, gioca sempre per vincere o, almeno, per fare il possibile. È già umiliato e frenato di suo e, facendogli mancare l’apprezzamento e l’appoggio, lo costringe a giocare con la paura di perdere, che è il primo freno al rendimento.
Stabilisca con lui le conseguenze per le mancanze, gliene faccia sempre pagare il prezzo, e gli impedisca di eludere i compiti e i doveri che gli spettano, che non significa punirlo o costringerlo, ma abituarlo a essere responsabile.
Pretenda che, dentro e fuori dello sport, osservi tutte le regole che fanno parte della persona e dello sportivo, e rispetti il ruolo e il contributo degli altri. E lo ritenga in grado di tollerare le logiche conseguenze dei propri comportamenti ed errori e, quindi, di porvi rimedio.
Eserciti una critica obiettiva e mai con l’intenzione di punirlo, che incoraggia, perché è segno di considerazione per le sue capacità di capire. Invii, quindi, sempre messaggi veritieri e non manipolativi, e non lo sopravvaluti né sottovaluti, perché una verità anche amara è sempre segno di interesse. Gli insegni, quindi, a competere in base alle proprie capacità e azioni, perché la furbizia fraudolenta e i mezzucci sono un ostacolo nei confronti del proprio talento e la negazione dello sport.
Durante la gara, si limiti a fare lo spettatore e a mostrare la propria approvazione per ciò che sa fare. Non pretenda di ordinargli ciò che deve fare, perché lo confonderebbe e continuerebbe a giocare lui, disturberebbe il lavoro dell’istruttore e lo porterebbe a giocare senza abituarsi all’iniziativa personale e alla collaborazione.
E si auguri un figlio che nello sport vince tutto ciò che gli è possibile con i propri mezzi e senza espedienti furtivi, che è il massimo per ognuno.
Vincenzo Prunelli
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