Si parla spesso di “sport pulito”, e qualcuno si chiede che cosa voglia dire.
Non si tratta di uno sport buono e ingenuo, o magari anche bonaccione.
Non si dice che lo sport è nobile quando i nostri fanno i puri e i rispettosi mentre gli altri picchiano e vincono.
E neppure che bisogna restituire colpo su colpo per mostrarsi coraggiosi, ma che, per vincere, occorre fare un qualcosa del tutto diverso. Si vuole dire che lo sport pulito è quello che sviluppa il talento di ognuno, la personalità e il carattere senza inquinarli con mezzucci che impediscono di arrivare allo sportivo completo nell’età adulta.
Ha a che fare con il fair play, che non ha nulla a che vedere con gli appelli formali alla correttezza dopo una partita giocata all’ultimo sangue. Lo sport pulito si pratica prima, da quando s’inizia a impararlo. Al bambino basta poter giocare liberamente perché, per natura, cerca il gesto più utile per divertirsi, l’avversario è un compagno di giochi e non un rivale, non si sente più importante se ha vinto o sconfitto se ha perso. È appena più tardi, quando inizia la formazione vera, che molte cose vanno cambiate.
Un discorso esauriente è impossibile, e allora accontentiamoci di alcune risposte. Chi vuole approfondire l’argomento, cerchi su nuovosportgiovani i termini usati in quest’articolo e quelli che troverà nella lettura.
Come s’impara lo sport pulito?
È abbastanza semplice: basta evitare di insegnare quello sporco e tenere conto dei caratteri di un giovane. Per esempio,
-evitare i trucchi, le scorciatoie, le scorrettezze, le finzioni, l’aggressività violenta e tutto ciò che va contro il gesto tecnico, il gioco, le qualità del talento e l’armonia della persona,
-lasciare liberi l’ingegno, la creatività, l’iniziativa libera e la responsabilità dopo averli conosciuti e imparato a usarli, e non “lavorare sulla testa”, come si legge spesso, senza sapere di che cosa si tratta, che porta contro ciò che si cerca,
-incoraggiare e abituare a superare gli ostacoli invece di insegnare ad aggirarli, perché la sicurezza e il coraggio derivano dalle certezze acquisite di fronte alle difficoltà,
-rispettare le motivazioni del giovane che, specie nei primi anni, ha bisogno di superare la naturale incompletezza e il disagio di sentirsi incapace e ancora lontano da chi lo educa, verificare le abilità e i progressi, sapere di poter affrontare nuove situazioni e avere l’apprezzamento dell’adulto,
-rispettare i vari momenti evolutivi, che hanno bisogno d’insegnamenti, rapporti, stimoli e interventi diversi.
Più sul pratico, occorre chiedere e aspettarsi soltanto ciò che è nelle possibilità di ognuno; favorire la libertà di scoprirsi e sperimentare qualità che resterebbero nascoste, avventurarsi nel nuovo e nello sconosciuto, sbagliare e correggersi; e, infine, sapere che i giovani, specie i bambini, ci imitano e assumono come modelli di vita adulta.
Perché dovrebbe dare vantaggi nello sport?
Basta considerare che la creatività, l’autonomia, la libertà di fare e sperimentarsi, cioè l’ingegno e l’uso della mente, sono l’unico percorso per arrivare alla scoperta e all’impiego del proprio talento, mentre la pura esecuzione e l’uso di mezzucci portano allo sportivo incompleto e sempre in attesa di essere portato per mano,
-permette di far fronte alle difficoltà con le proprie forze, perché la conoscenza dei propri mezzi è fattore di lucidità e sicurezza, e sapere trovare le soluzioni da soli è garanzia di non trovarsi mai impreparati,
-fa usare al meglio le risorse, senza perdersi in intenzioni estranee al gioco, e riduce la paura per la gara, perché la consapevolezza di sapercela fare senza usare i trucchi dà sicurezza, libera la creatività e annulla la tensione contraria al rendimento,
-allena all’autonomia, al coraggio e alla responsabilità, e dà longevità agonistica: si vince prima e più a lungo.
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