Quest’articolo è stato scritto a inizio Aprile per un settimanale cercando di dare un’impronta solamente razionale al quesito. Poiché sono troppe le posizioni che troppi portano avanti a proprio uso, sto mettendo insieme tante opinioni per scriverne un altro.
Riprendere o no i campionati?
Terminare il campionato, o riprendere con quello nuovo al periodo solito? Rispettare le classifiche attuali? Ogni soluzione ha pro e contro, e ha significato analizzare le ipotesi possibili, ma decidere ora senza sapere quando finirà la pandemia, è un azzardo. Manifestazioni importanti, come le Olimpiadi e la Formula uno, hanno già deciso per un rinvio, ma per non rischiare grosse perdite economiche.
Nel professionismo, si può iniziare subito il campionato, con partite giocate al massimo e anche in zona rischio appena dato il via? Non sono un preparatore atletico né un medico sportivo e chiedo a loro. È possibile tenere in forma i giocatori per averli sempre pronti solo con gli allenamenti, che addirittura non si potrebbero svolgere in gruppo, e senza avere le motivazioni e la decisione che richiedono le partite vere? O non è un rischio, dopo una preparazione troppo rapida e imperfetta, giocare partite che espongono a traumi e sforzi superiori a quelli consentiti dal solo allenamento?
Nel settore dilettantistico, le società calcistiche sono divise, ma è più logico lasciare che decida la realtà. Queste discussioni possono servire per tenere viva l’attenzione sullo sport, ritrovarsi come d’abitudine per stilare programmi e formulare semplicemente delle ipotesi in attesa che decidano gli esperti. In ogni caso, se sarà data via libera alla ripresa in un tempo ancora utile per qualche allenamento, salvo problemi organizzativi o troppe assenze per vacanze, si potrà decidere di iniziare quando si vuole. Si rischia poco, perché non c’è neppure da temere più del solito che s’infortunino o che giocare non preparati penalizzi i migliori. Qui si parla di dilettanti, che non hanno l’obbligo di giocare alla morte, e tanti ricordiamo di aver disputato centinaia di partite con poco allenamento e senza mai un infortunio. Se, invece, sarà almeno permesso di praticare giochi collettivi, è augurabile che si lasci libero accesso agli impianti e si dia vita a qualche iniziativa perché possano almeno giocare per divertirsi.
C’è chi pensa a genitori impauriti, che avranno ancora terrore del contagio e si opporranno a lasciar giocare i figli. In questi casi, si può pensare a una posizione protettiva sproporzionata che un istruttore dovrà spiegare. Il parere personale è che la possibilità di contagio possa durare per tempi più lunghi di quanto s’immagini. I ragazzi non ce la faranno più a vivere segregati e troveranno altri modi meno sicuri per sgranchirsi dopo il lungo periodo d’inattività. E che, magari proprio per questo, nel caso di ripresa dell’infezione, saranno più fragili ed esposti al contagio. Invece, dopo settimane d’inattività e isolamento, non c’è nulla meglio del gioco per riportarli alla piena efficienza. E i giovani come possono reagire? Si può scommettere: se interpellati, direbbero che si potrebbe iniziare anche subito.
Non c’entra con la domanda, ma anche un altro messaggio non è di troppo. È il caso di fidarsi di quanto è chiesto da chi conosce la materia, di stare in casa e di proteggerci per non infettare gli altri. I giovani sono meno attenti, perché si sentono invulnerabili. Vivono le disposizioni come obblighi sgraditi ai quali ribellarsi. Vogliono sentirsi più coraggiosi rischiando il pericolo, simili agli “eroi” adulti che sfidano le forze dell’ordine per mostrarsi audaci e liberi, ma sono ancora maneggevoli. Gli adulti, invece, coltivano abitudini più radicate, acquisite nell’età infantile e mai superate. Cercano il rischio per dimostrare a se stessi più che agli altri di avere coraggio, s’inventano trucchi per portare fuori dieci volte il giorno lo stesso cane, cercano luoghi nascosti per fare liberamene ciò che è proibito o vanno al supermercato a comprare un pezzo per volta per poterci ritornare. Tanti li credono disinvolti, più forti dei pericoli, personaggi di carattere, gente che sa cosa vuole, mentre molti di più li vedono come deboli e insicuri che cercano di superare i loro disagi e complessi con gesti privi di valore e incuranti degli altri.
Vincenzo Prunelli
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