Lo sport

La mente si può definire in tanti modi, ma basta considerarla l'insieme delle funzioni superiori del cervello, come il pensiero, l’apprendimento, l’ingegno, l’intuizione, la ragione, la memoria, l’iniziativa, la capacità critica, la motivazione, l’adattamento a ciò che è nuovo, tutte in qualche modo funzioni consapevoli, che, nell’insieme, costituiscono l’intelligenza. Nello sport, l’intelligenza consente di intuire, comprendere e modificare ciò che è reale, di creare il nuovo, ed è il luogo dove operano le qualità del talento.

 La mente e lo sport

La mente ha regole proprie e particolari. Per esempio, non si sviluppa fornendole tante soluzioni già pronte, perché non è un deposito dal quale attingere, ma un meccanismo sempre in attività che cresce trovandole da solo. Una mente soltanto allenata a incamerare informazioni può stimolare l’apprendimento, ma non raggiunge la critica, la creatività, l’intuizione, l’ingegno e tutte le potenzialità che crescono soltanto “lavorando”, come il talento, che si scopre e si sviluppa nella libertà di andare nel nuovo e di creare.

 Va sviluppata secondo precisi tempi e principi. Nel bambino mancano le capacità critiche, e il suo mondo si riduce a esprimersi con il gioco e ciò che recepisce attraverso i sensi e avviene qui e ora. Non ha senso, quindi, pensare di coinvolgerlo in ragionamenti astratti, di proporgli attività che abbiano il peso di un lavoro e interessarlo a ciò che non è presente o avverrà in futuro. È inutile parlare di specializzazione o di interessarlo ai vantaggi che potrà ottenere in futuro rinunciando a ciò che gli piace e gli interessa oggi, né sovraccaricata di obblighi e impegni prematuri, oppure non graditi o contrari a ciò che desidera.

Ha potenzialità che, dentro chiari limiti, vanno lasciate libere di esprimersi e, quindi, non frenate o sostituite con soluzioni pronte oppure sollecitate con stimolazioni maldestre. Superati i dieci anni, può iniziare a parlare d’iniziativa libera e, quindi, dell’autonomia che è possibile concedere a un giovane quando si avventura nel nuovo e nello sconosciuto senza possedere ancora le esperienze per non commettere errori. Può sbagliare, ma è un rischio accettabile, perché in questo clima non ha bisogno di dare dimostrazioni di autonomia e sa di ricevere approvazione dall’adulto, che lo autorizzano a fare da solo, e gli errori sono inevitabili, ma anche necessari per imparare a correggersi da soli.

Le funzioni della mente vanno trattate con cautela, perché possono anche essere azzardate, e per lo sportivo non allenato a dirigerle e moderarle, a volte sono un rischio. La creatività e l’iniziativa libera, per esempio, se non sono indirizzate su versanti utili, possono scegliere vie improduttive o anche pericolose. Il talento, che è una delle qualità per natura più creative nello sport, se costretto solamente a imparare ed eseguire, un tempo si accontentava di essere più in prima linea o anche più acida negli scherzi, a fare ciò che voleva nel gioco oppure a boicottare in qualche modo l’istruttore. Per altri versi, poteva essere il famoso Pierino con il quale abbiamo avuto a che fare a scuola, il creativo che riusciva a essere in primo piano per simpatia e arguzia, e faticava nelle materie scolastiche per paura di non essere altrettanto apprezzato. La fantasia e l’immaginazione, se non orientate verso un obiettivo coerente, possono trasformarsi in eccentricità o stravaganza nocive per lo sport. O la critica, che serve per orientarsi e differenziarsi tra gli altri, se è inficiata da pregiudizi, porta a scelte irrazionali, che devono essere frenate.

Lo sport utilizza poco le funzioni superiori della mente, perché crede che si arrivi al talento soltanto con buone esecuzioni di ciò che chiede l’istruttore, e non anche la creatività e le proprie iniziative. Cerca la governabilità e l’uniformità piuttosto che lasciare spazio all'ingegno, perché l'invenzione non riuscita o l'errore si pagano. E l’agonismo organizzato soltanto per vincere impone l’uso di gesti collaudati e sicuri, ed esclude l’inventiva libera e la ricerca del nuovo. Altri freni vengono dagli eccessi emotivi, come l’ansia che precede la gara, che dà vivacità, impegno, ed energia fisica ma, superata la soglia utile, fa calare rapidamente il rendimento e la lucidità intellettiva.

Chi ha praticato sport, però, ricorda di avere disputato le gare migliori con uno stato d’animo lucido e sereno, che sintetizza la maggior parte delle funzioni superiori della mente, permette una visione immediata e completa di quanto accade e di prevederne lo sviluppo, e di scegliere le soluzioni più utili al momento.

Vincenzo Prunelli

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