Lo sport

L’argomento è un po’ pesante e curioso, ma sembra importante, come si crede quando si parla delle proprie cose. Si parla di automatismi, cioè di reazioni che si sono formate dopo una serie di ripetizioni fino a dare una risposta automatica di fronte a situazioni improvvise. Anche condizioni psicologiche nate da un singolo episodio, come la partita più bella giocata anche solo una volta, accantonata tra i ricordi e rievocata in pochi minuti, si può paragonare a un automatismo che si può scompaginare con un intervento maldestro.

Scompaginare gli automatismi

L’automatismo non è soltanto la risposta a ciò che accade, ma la scelta istintiva del gesto migliore per fronteggiare una situazione difficile. In questi casi, si può parlare di una riserva di esperienze positive ma, al contrario, a volte, anche di stati negativi che pesano sul rendimento. Gli automatismi sono l’esito di azioni ripetute e sedimentate, fino a diventare risposte inconsapevoli. Per arrivarci, però, non basta ripetere tante volte un gesto comune, ma quello più conveniente, naturale e semplice per ognuno. Non può essere chiesto né, tantomeno, imposto, ma quello adatto ai suoi mezzi, armonico con la struttura fisica e la naturalezza dei movimenti. Per quanto riguarda il gesto tecnico, soprattutto chi è più dotato deve essere lasciato libero di eseguirlo nel modo che sente più naturale, facile e adatto al suo talento, che è diverso per ognuno e non può essere adattato alle idee di un altro. Oppure, si potrebbe anche dire, che serve rendere automatico il gesto tecnico migliore per ognuno.

Parliamo degli automatismi positivi. Negli sport di abilità e di situazione, sono risposte immediate e funzionali, e si potrebbe dire involontarie, di fronte ad accadimenti improvvisi e imprevisti, che, per essere più efficaci, devono essere adattate, in un attimo, a ogni circostanza. Soprattutto il talento deve essere lucido e libero di arrivare a quello più adatto ai suoi mezzi, e non ripetere quello uguale per tutti che gli è stato insegnato.

Per altre situazioni dello sport, come il collettivo, si può fare lo stesso discorso, anche se il meccanismo è diverso, perché non deriva da ripetizioni passive, e l’azione è piuttosto anticipata in modi rapidissimi e inconsapevoli. Ricordo un’intervista che feci a Paolo Pulici, che descrisse un gol “impossibile” a Milano, segnato con un tocco leggero in mezzo a tante gambe. Descrisse tutta la scena, in cui un avversario era appoggiato su una gamba, un altro troppo lontano di dieci centimetri, un altro che non si sarebbe potuto voltare in tempo, il portiere che non poteva recuperare la posizione, e nessuno che sarebbe potuto intervenire. Dei compagni, sapeva come si sarebbero mossi o che cosa avrebbero fatto. Distinguere quanto fosse derivato da automatismi inconsapevoli formati nel tempo, quanto dovuto a una memoria fotografica leggibile all’istante e quanto ai neuroni specchio, che fanno prevedere le azioni di un avversario, non è dato a sapere. Sta che era stata fatta una lettura istantanea di quanto stava avvenendo, e dell’azione che ne sarebbe potuta seguire, con la rievocazione dello stato mentale di tanti momenti simili, che dà lucidità e sicurezza per ripeterli nella gara che si sta giocando. Non si sa se questi fossero i classici automatismi inconsapevoli di cui si parla nello sport, un’interpretazione fulminea o il recupero di un ricordo rimasto intatto in tutti i particolari nella memoria, ma sono tutte condizioni che riappaiono all’improvviso senza passare attraverso l’elaborazione lenta del ragionamento.

Questo meccanismo che passa dall’automatismo all’azione si può inceppare? Nei tre casi citati, c’è un uso immediato e vantaggioso di esperienze vissute e sedimentate, perché la mente trasforma gesti efficaci nella reazione istintiva più utile. Interrompere questo percorso significa togliere certezze e sicurezza, ingigantire la paura di non farcela e costringere a cercare soluzioni che rallentano l’azione o la fanno ripartire daccapo, come si vede quando non c’è collettivo.

Con il ripasso prima della gara, per esempio, si finisce per voler dare sicurezza e coraggio con la paura. Se consideriamo automatismo il trovarsi subito nella condizione psicologica ideale, un giocatore non dovrebbe essere disturbato con incitamenti, cariche varie o raccomandazioni perché si gioca la partita della vita o l’avversario è troppo forte. Inoltre, si suggeriscono gesti tecnici o decisioni uguali per tutti, mentre gli automatismi sono le soluzioni individuali più efficaci in una situazione particolare, che si raggiungono in modo automatico, e non creandole al momento.

Dando le indicazioni per far fronte a tutte le situazioni che si possono verificare, l’esito più favorevole è quando i giocatori pensano ad altro. Se ci credono, invece, devono pensare a trovare la soluzione giusta, come faceva il portiere che, prima della gara, ripassava a occhi chiusi tutti i possibili rigori per non dimenticare nessuna parata che avrebbe dovuto opporre.

La creazione di un clima di paura per sollecitare reazioni più forti, parlando della gara troppo difficile o di giocare soltanto per vincere, invece, risveglia la paura di perdere e l’affanno di potersi soltanto difendere. Si dice che la paura dia più energia, ma è vero quando si è inseguiti da un cane feroce, ma non quando si deve ragionare lucidamente per fermarlo.

Vincenzo Prunelli

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