formazone

  • I bambini nascono sempre uguali, si diceva, e si credeva di poterli educare tutti allo stresso modo. È sempre stato così, e non si sentiva la necessità di vedere ognuno come soggetto unico da trattare in modo diverso.  Oggi, con i mutamenti culturali e la possibilità dei giovani di accedere a un’infinità d’informazioni e di esperienze, occorrono altri accorgimenti.

  • Il talento sceglie da solo l’agonismo che sente più utile, ed è quello che valorizza le sue abilità. Ha, invece, scarso interesse per quello che serve soltanto per vincere con qualsiasi sotterfugio, perché essere più abile e sentire di eseguire meglio un gesto tecnico impossibile agli altri lo soddisfa più che prevalere con i mezzi estranei al suo talento.

  • Pensare di formare un adulto autonomo, responsabile e attivo partendo dal bambino può sembrare eccessivo o anche assurdo. Se, però, si pensa che nei suoi primi anni forma lo stile di vita, che in breve può essere definito il modo di ognuno di percepire se stesso e il mondo e di adeguarvisi, si deve stare attenti a sviluppare ciò che farà parte della vita adulta e frenare ciò che, invece, dovrà essere proibito.

  • Si credeva che, per ottenere impegno, bastasse stimolare la disponibilità a sacrificarsi, il senso del dovere e la voglia, ma oggi questi fattori hanno un effetto modesto e, se imposti, addirittura contrario. Questa considerazione non è un invito a fare nulla. Le motivazioni non sono cambiate, anche se attenuate da concessioni che affievoliscono il piacere di fare, la curiosità, la scoperta di nuove capacità, l’interesse per il nuovo e la possibilità di colmare la distanza con le esperienze e le competenze dell’adulto. Sono stimoli che possono essere rinforzati e impiegati perché il giovane s’impegni a imparare.

  • Poiché in tanti articoli lo stesso concetto è trattato secondo ciò che si vuole dimostrare, è il caso di operare una sintesi e fare un po’ di ordine. Si parla dell’istruttore, che deve formare uno sportivo completo, ma discorso interessa anche l’allenatore, che si deve abituare a gestirlo. 

  • Fiducia è un termine che si usa troppo facilmente. Non lo è se si vuole dare a parole per procurare una reazione positiva, offrendo opportunità non ancora meritate, che è semplice manipolazione, e non un riconoscimento vero, o insistere a chiederne il rispetto, perché continuare a riproporla significa fingere e non averla. Non è un modo di dire per stimolare un giovane a impegnarsi, ma un elemento essenziale e reciproco del rapporto, che si ha e si dà e va meritata da entrambe le parti. Non si dà a parole come in una specie di cerimoniale né al bisogno, ma si avverte nel comportamento abituale e, quindi, è da vivere, e non da enunciare. E una cosa è tradirla non rispondendo com’è atteso, e un’altra non riuscire a soddisfarla.

  •  La furbizia, che si può anche chiamare scaltrezza, astuzia o furberia, di solito ha un significato negativo ed è facilmente associata all’inganno, perché si presuppone sia esercitata di nascosto e per ottenere vantaggi non leciti. Non ha bisogno di tutte le qualità dell’intelligenza perché è un approfittare in modo ingannevole di una situazione a spese di un altro che non gioca ad armi pari, ma non è costruttiva. Se, invece, per furbizia si vuole dire abilità a trovare una soluzione a proprio vantaggio usando le qualità del proprio talento, è il caso parlare d’intelligenza, che usa i mezzi migliori di cui si dispone e crea e impone il proprio gioco. Come sempre, non si parla soltanto di sport.

  • Un tempo si diceva più spesso che per fare collettivo basta giocare insieme per molto tempo, che in parte è anche giusto, perché i giocatori si conoscono sempre più a fondo, ma non basta. Occorre lavorarci da molto prima e parlare di ciò che lo ostacola.

  • Il talento è inquieto perché sente di valere più degli altri, patisce un insegnamento che non lo valorizza, a volte non si adatta a compiti che gli sembrano banali o mortificanti per le sue qualità. Spesso non si adegua alle esigenze comuni per una vitalità o un’esuberanza che contrastano con gli interessi collettivi. Ha una vivacità creativa che, se non espressa o soffocata, si trasforma anche in insicurezza o in inquietudine ribelle. Infine, può patire anche il successo, come credere di poterlo sempre avere o vivere nel terrore di perderlo.

  • Non si trovano più tanti convinti che, per essere autorevoli basti imporre regole ferree ed essere rigidi nel farle osservare, sapere tutto in modo che nessun allievo li possa contestare o dimostrare che un giovane non deve sapere ma soltanto imparare.

  • Chiedere a un istruttore per passione tutto quanto si suggerisce in quest’articolo sembra troppo, ma seguire le linee principale è del tutto possibile. Se n’è già parlato, ma è il caso di fare una sintesi di obiettivi, interventi, attenzioni e modi di proporsi come guida. 

  • [Domanda di Gianni AnglesioTorino]

    Qualcuno è ancora convinto che, per mantenere ordine e stimolare impegno in una squadra di giovani, basti stabilire regole ferree e imporne il rispetto, urlare più forte, minacciare o far tremare i muri ma, con questi sistemi, si perde la considerazione che dà l’essere adulti. Per essere seguiti e formare giovani nello sport occorre prima di tutto evitare gli interventi maldestri, e ricordare alcuni principi.

  • Si è sempre parlato dei benefici dello sport ed è il caso di riaffermarli, ma anche di non esserne sempre sicuri. Se intendiamo lo sport come strumento per allenare il fisico e insegnare a divertirsi giocando, basta come si è sempre fatto. Se, invece, se ne vogliono utilizzare le grandi potenzialità educative, cioè far crescere la persona e lo sportivo per quanto di potenziale c’è in ognuno e non lasciar sviluppare disagi che influiranno anche sull’età adulta, qualcosa dovrà essere cambiato. Si parla di attenzioni apparentemente ovvie, ma spesso disattese, che riguardano soprattutto la famiglia e in parte anche la scuola. Si tratta, quindi, di un fatto culturale di cui lo sport è soltanto una parte. Si deve praticare, perché piace ed è difficile che causi grossi disagi, ma anche perché potrebbe correggere errori dell’educazione.

  • Crescendo, uno sportivo deve necessariamente dedicarsi al compito per il quale è più dotato, ma, nella prima fase della formazione, e anche dopo, ci sono buoni motivi perché, nell’allenamento, continui a esercitarsi in tutti i ruoli.

Tehethon