È successo il fattaccio, e ci siamo accorti tutti che nello sport c’è della violenza. Ma no!
Si dice che abbia un colore politico, ma le ideologie formano un cerchio, e le parti estreme si sovrappongono, perché la stupidità e la rozzezza sono sempre le stesse. Sappiamo che entrambe predicano consapevolmente la violenza secondo un’ideologia folle.
Tra i due estremi, invece, c’è una cultura che finge di non accorgersene, e in qualche modo la attribuisce a caratteri personali, a volte anche con una certa ammirazione. Dal mondo dello sport, si è letto e sentito di tutto, anche logico ma visto da una parte sola, ma non una serena autocritica per cercare anche le cause, specie quelle originate dallo sport stesso.
Su un giornale, c’è chi dice che, da oggi, club e giocatori si devono muovere. Bisogna, però, farlo da prima, quando un bambino entra nello sport e trova chi lo incita a essere anche violento, sleale, furbacchione, e scorretto, purché non si faccia scoprire. Occorre pensare che questi atteggiamenti, davanti a migliaia di spettatori e alla televisione, sono incitamenti alla violenza. A questo proposito, perché tra i tifosi di un incontro di pugilato non ci sono mai scazzottature? Chi propone giustamente di fermare la partita di fronte al razzismo, ma bisogna anche chiedersi se il calcio abbia anche qualche colpa. Chi dice che bisogna educare i bambini, ma è piuttosto il caso di educare gli adulti, genitori e addetti ai lavori, quando sono modelli sbagliati, mentre i bambini imitano perché non hanno ancora la capacità critica per valutarli. Un altro si auspica la galera per i cori razzisti, sempre stupidi, ma a volte solo espedienti per far schiattare un avversario. Esagera, ma ha anche ragione, perché il buonismo e il disinteresse quando la violenza non produce il fattaccio sono simili all’accettazione.
Non basta interessarsi soltanto dei grossi stadi e qualcosa si deve fare anche per chi, nello sport giovanile, incita anche dei bambini a un’aggressività violenta. Si sentono voci indignate quando in una scuola un insegnante chiede il rispetto per una regola giusta. E allora, perché non per il genitore che, dalle tribune, si comporta come dovesse crescere un piccolo bandito con un’arma in mano per abbattere l’avversario che vince un contrasto? Se non si lasciassero più entrare porterebbero via i figli? Occorre scegliere: farlo tutti, lasciarsi camminare addosso per vigliaccheria e mancanza di ormoni sani o ammettere che il mondo è fatto così e che è più utile e comodo farci parte.
Per le proprie opinioni occorre anche accettare eventuali rogne e allargare il discorso. Di fronte al fattaccio, lo sport difende la verginità del sistema: la colpa dell’incidente stradale è dell’asfalto che, quando piove, diventa anche scivoloso, e mai di chi ci viaggia sopra. Si vedono interventi pratici, la gestione del presente, di qualcosa che è accaduto e bisogna rammendare, ma lo sport è qualcosa che può cambiare il modo di vivere. Ha però bisogno di una cultura che porti ognuno a essere ciò che gli è possibile con il proprio ingegno, e i muscoli li usi per giocare.
L’istigazione al vivere solo per sé, contro tutti e non importa come, viene soprattutto da fuori. Per esempio dalla politica, dove chi parla è sempre saggio, illuminato e santo, mentre l’avversario è ladro, carogna e in malafede, e la competizione non si fa sui propri meriti ma sulla svalutazione dell’avversario. O che ci fa vedere scene patetiche, in questo caso si potrebbe dire per niente onorevoli, dove mancano soltanto armi bianche e, forse, l’insulto alla mamma. Dall’ambiente dove, per tanti, il massimo dell’ingegno è essere più furbi a spese e danno per gli altri.
E con i violenti da tifo? Con quelli vittime di una natura matrigna, c’è poco da fare. Con quelli fatti crescere male, tutelare i figli perché non ci caschino anche loro. Con i seguaci passivi, fare dei corsi che li liberino dai disagi. E per tutti, fare in modo che ognuno paghi interamente le conseguenze, come si fa con i bambini, che cambiano presto quando gli svantaggi superano i vantaggi. Devono poter scegliere: o violenza o basta stadio, e se è troppa, anche di più. Questa è giustizia, non giustizialismo.
Non parlo di un mondo “buono”, ma di uno in cui, quando esco da casa, mi trovo bene con chiunque non abbia paura di essere "fottuto" da qualcuno più furbacchione di lui.
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