Certi atleti più emotivi degli altri richiedono qualche cautela. Si dice che siano in particolare i talenti, ma forse è un modo di dire per giustificare certi eccessi di qualcuno di loro più conosciuto.
L’emotività del creativo
È indubbio, però, che i più creativi possano avere a che fare con qualche eccesso di emotività, e dovrebbero essere capiti e aiutati a contenersi. E che l’emotività che limita un creativo, o forse chiunque, è data soprattutto dall’insicurezza e dall’incapacità a farla defluire in direzioni produttive. La creatività, poi, può essere vissuta come estraneità all’ambiente e non come una qualità positiva, però preme, e in qualche modo si deve esprimere ma, se non defluisce in modo costruttivo, come minimo, non è produttiva, ma può anche essere negativa.
Non è il caso di parlare del creativo estroverso, amichevole e collaborativo, che di solito è il leader vero che trascina la squadra. E neppure di temere di sembrare critici e pessimisti, perché il compito non è celebrare gli aspetti positivi, ma cercare ciò che può essere migliorato.
Il creativo, di solito è inteso come vivace, sicuro e padrone delle situazioni, il Pierino che diverte o il fortunato che ha tutto per vivere solo di gioia, ma è un meccanismo delicato. Può essere l’elemento che non fa parte della squadra, che non si sente riconosciuto e accumula rivendicazioni e cariche di ribellione o ha un modo di proporsi troppo personale che gli altri non capiscono e lo fa sentire estraneo all’ambiente. Può essere introverso, ma sempre attento a ciò che lo circonda, e portato a interpretarlo e modificarlo secondo proprie concezioni, ma non comunica le proprie opinioni, e gli altri lo escludono.
Sente di essere diverso e vorrebbe fare, ma durante lo sviluppo, a iniziare dalla scuola, deve rispettare tempi che gli sono stretti e assorbire insegnamenti uguali per tutti e, nello sport, è più che altro costretto a tenere il passo degli altri e a soffocare il proprio talento. A volte, ha un rapporto troppo facile o difficile, e dunque ugualmente dannoso, con l'ambiente, come giocarsela dall’alto o sentirsi estraneo. Non sempre si sa far valere anche fuori dello sport, a causa d’inquietudini, difficoltà ad adattarsi e bisogno di maggiori riconoscimenti. Può patire anche il successo, come credere di essere al centro di ogni attenzione e di poterlo sempre avere o, al contrario, vivere nel terrore di perderlo. E alla fine è più fragile degli altri e più esposto ai rischi. Quando non sa ancora come esprimere la propria creatività e ha un ingegno ancora fine a se stesso, infatti, rischia di creare senza direzione e, dunque, di essere solo stravagante e non costruttivo.
Nello sport, che non può essere inteso come attività perditempo, utile giusto per divertire e distrarsi da altre più serie, può mostrare forti implicazioni emotive. Per esempio, un desiderio a volte irritante di affermazione, un’ansia dovuta alla sua vitalità, che sente compressa, un’indifferenza verso gli interessi collettivi, la paura di non essere mai arrivato e di poter ricascare indietro. O la più pressante di tutte, una grande vivacità creativa, che, se non può esprimere, trasforma in insicurezza o in un'inquietudine a volte ribelle.
Vincenzo Prunelli
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