Pillole

Il presidente di un settore giovanile dice che mio figlio è un talento e lo vorrebbe tesserare. Dice che, nella sua società, già dai primi anni insegnano tutti i trucchi e le furbizie. Che cosa gli rispondo?

La furbizia aiuta lo sviluppo del talento?

Non gli risponda e non lo porti. Stiamo parlando di bambini e di giovani in formazione, e quindi di un momento in cui si formano la personalità e il carattere per la vita adulta, che è bello immaginare come giocarsela tutta anche tra i professionisti, ma con i mezzi leciti a disposizione, che sono molto più efficaci dei trucchi e delle furberie.

Qualcuno confonde la furbizia con l’intelligenza, che sono due caratteristiche ben diverse. Si può dire che l’intelligenza comprende la capacità di capire, imparare e valutare, la creatività, l’originalità, l’intuizione, la prontezza per comprendere come impiegare una conoscenza e trasformarla in un’iniziativa imprevista e la scoperta di tante soluzioni che nessuno potrebbe dare. Agisce allo scoperto ed è sempre apprezzata come una qualità positiva che dà la misura dell’ingegno di ognuno.

La furbizia, che si può anche chiamare scaltrezza, astuzia o furberia, di solito ha un significato negativo, perché si presuppone che sia esercitata di nascosto e per ottenere risultati non leciti, ed è facilmente associabile all’inganno. Non ha bisogno di tutte le qualità dell’intelligenza perché è un semplice approfittare in modo ingannevole di una situazione per un vantaggio immediato a spese di un altro che non gioca ad armi pari. Quando, invece, per furbizia si vuole dire l’abilità a trovare rapidamente la soluzione a proprio vantaggio di una situazione che sta avvenendo che, nello sport, è perlopiù neutralizzazione dell’avversario, si può parlare d’intelligenza, anche se manca l’obiettivo di creare e imporre il proprio gioco. E, di più, si può parlarne di intelligenza quando si intende un  modo per creare una difficoltà imprevista a un avversario, perché in questo caso si realizza un “progetto” con l’intuizione,  la creatività e l’iniziativa personale.

La furbizia sviluppa il talento? Se intendiamo per talento sia la persona e, sia, le sue qualità, dobbiamo dire che allenare alla furbizia, anche se dà qualcosa al momento, perché insegna a usare mezzi che gli altri non conoscono, agisce in modo contrario in entrambi i casi. Per quanto riguarda la persona, insegna a usare e non a valutare, e a cercare espedienti utili all’occasione, ma non abilità stabili, come giocare in un collettivo o per imporre la propria supremazia. Abitua ad aggirare gli ostacoli invece di sviluppare le risorse e i modi per affrontarli, perché non dà convinzione di farcela quando non si può ricorrere ai trucchi. Dà, quindi insicurezze, perché fa usare stratagemmi utili all’occasione, ma non strumenti tecnici stabili. Non prepara, per esempio, a serrare le file in momenti di difficoltà della squadra, perché il gioco “di furbizia” è fatto di gesti del tutto individuali e, quindi, privi di sviluppo collettivo.

La furbizia è negativa soprattutto sulle qualità del talento, che si scoprono e si esercitano quando si affrontano le situazioni sperimentando soluzioni diverse e impreviste. Proviamo a immaginare un giovane di qualsiasi sport che, invece di cercare il gesto tecnico migliore per contrastare un avversario o superare una difficoltà, mette in atto un trucco che esclude l’uso delle capacità del proprio talento. Subito è la via più facile, ma abituare un giovane a scegliere la via che dà di più e senza grossa fatica, diventa un’abitudine difficile da correggere anche fuori dello sport.

Due considerazioni. La prima: un giovane “furbo” può vincere ora, ma non impara ciò che fa vincere più tardi. La seconda: se un giovane deve essere furbo con tutti, lo sarà anche contro l’adulto, genitore o istruttore, che glielo ha insegnato o anche soltanto permesso.

Vincenzo Prunelli

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