In un’epoca in cui lo sport aveva un significato diverso, c’era quasi un’opposizione tra l’impiego fine a se stesso del fisico e la scuola, intesa, invece, come intelligenza, cultura e progetto. Poi è diventato quasi passatempo frivolo rispetto alla serietà e alla nobiltà della scuola. Da alcuni decenni, quando allo sport è stata data una grande valenza educativa, si parla di tanti effetti che s’influenzano e si sommano, ma non si è ancora arrivati a una sintesi piena, perché contano ancora di più il risultato comunque ottenuto e una pratica che non chiede la partecipazione attiva e autonoma dello sportivo.
L’alleanza scuola-sport
Si sente meno parlare dello sport come attività perditempo, ma non sempre come strumento educativo e salutare in stretta collaborazione con la scuola.
La scuola ha effetti più psicologici, che in qualche modo non sono misurabili e dimostrabili, ma sono essenziali nello sport. Fa lavorare e sviluppare l’intelligenza che obbliga a misurarsi alla pari senza vantaggi, e non su una dotazione molto rara che si esaurisce con la fine dello sport. Rinforza a sicurezza, perché fa sentire più adeguati e non esclusi, e forma, quindi, uno sportivo più maturo, evoluto e sicuro anche nell’ambiente.
Lo sport ha effetti più verificabili sul cervello. Stimola la produzione di sostanze che innalzano il tono dell’umore e dell’autostima. Normalizza l’eccesso di cortisolo, causato anche da livelli di tensione spesso oltre misura, e in questo modo regola le risposte allo stress, e favorisce un’emotività equilibrata e buona qualità del sonno. Aumenta l’ossigenazione e produce un aumento delle connessioni tra i prolungamenti dei neuroni, con la formazione di un reticolo che migliora la salute e le capacità cerebrali Se svolto con interesse, piacere e divertimento, assicura la produzione di neuroni che servono da deposito in caso di riduzione, ovviamente di più nell’età avanzata. Ha effetti più marcati sui lobi frontali, più delegati all’organizzazione, all’assunzione di decisioni e iniziative, all’attenzione e alla memoria. Praticato come attività fisica varia per intensità e tipo di attività, svolto con interesse e piacere, rinforza il carattere e l’autostima, non è un obbligo e l’assunzione di responsabilità e disciplina come nella famiglia o un dovere come nella scuola, che piace a chi riesce meglio e non a tutti. Così inteso e praticato, è correlato a una maggiore salute del cervello e a un miglioramento delle sue capacità, ne rallenta l’invecchiamento e ne migliora le funzioni.
La collaborazione tra la scuola, che lavora sulla mente e lo sport, che lavora anche sul fisico, assicura una migliore qualità della vita. Mantiene elevato il tono dell’umore, che è fattore essenziale per entrambe le attività, garantisce un senso di benessere e consente di esprimersi al massimo delle proprie capacità. Stimola l’intelligenza, perché l’esercizio che diverte rende la mente più agile, riduce la tensione e incrementa la memoria, tanto che, dopo un’attività fisica che diverte, c’è maggior attenzione, si ricordano più particolari e la mente memorizza più rapidamente.
Lo sport aiuta la scuola, perché un’attività che chiama anche in causa l’ingegno e opera con piacere stimola interesse e riduce la fatica. L’allenamento gradevole e creativo limita noia e stanchezza, e la gara che si gioca con la possibilità di vincere, o anche soltanto di giocarsela tutta invece di sentirsi sicuri perdenti, incrementa una sicurezza e un ottimismo che coinvolgono anche la scuola.
È, però, anche facile trasformarlo in un’attività sgradevole e priva di piacere, come avviene spesso anche ai livelli più elevati. Se n’è parlato in singoli articoli, ma sembra opportuno farne una breve sintesi, in modo che ognuno possa valutare il proprio lavoro che, pur agito con buone intenzioni, è spesso condizionato da errori, abitudini e buon senso comune. Innanzitutto, è il caso di eliminare termini come sacrificio, fatica, sudore o duro lavoro. È logico che lo sport richieda questi sforzi e impegni ma, se è gradevole, resta un gioco e lascia libertà di usare creatività e talento è addirittura uno stimolo alla ricerca di contributi e all’iniziativa. Ed è augurabile che non si arrivi più a una gara come si andasse al fronte o a un gioco dal quale si arriverà sconfitti e umiliati.
All’istruttore si chiede soprattutto un clima in cui non faccia pesare sue eventuali insofferenze e delusioni. Non creda di correggere gli errori con accuse e rimproveri di “caricare” gli allievi come fossero macchinine prive di risorse personali o di preparare le gare aumentando la tensione e la paura per stimolare lo spirito vincente o l’orgoglio. Pensi, invece, a quanto siano importanti il gioco e il divertimento, la possibilità di sperimentarsi, la libertà d’iniziativa e d’azione, la partecipazione e l’esercizio dell’inventiva anche nella ricerca e nella conquista degli obiettivi. O, più in breve, quante possibilità offra il passaggio dall’esecutore passivo all’artefice che somma i vantaggi offerti dalla collaborazione e dalla somma di mente e corpo.
Vincenzo Prunelli