È da sempre che nello sport si sente dire: “È andato sopra i propri mezzi”. Poiché è una legge della natura non poter dare più di ciò che si ha, forse sarebbe più opportuno dire: “Finalmente è riuscito a dare tutto quello che ha”, che non è ancora giusto perché, chi ci mette qualcosa di proprio ogni giorno, potrà dare ancora di più. Perché non si esce da questo equivoco, come definire il massimo rendimento e come raggiungerlo?
Pronti per prendere al volo il treno dello sport
Il treno dello sport a volte passa e bisogna farsi trovare pronti per prenderlo al volo e lasciarsi trasportare per strade, ville, parchi e monti. Si è sempre in tempo per salire sul treno dello sport, si può stare davanti o dietro, non c'è un’età per iniziare o per smettere, non c'è un’esatta modalità per aderire al treno dello sport, si può sperimentare sia benessere che performance.
La carica o la sicurezza e la fiducia?
Sembra di capovolgere concetti e metodi intoccabili o, almeno, di passare dall’essenza della prestazione ai caratteri e alle necessità di chi la realizza, dall’attenzione a ciò che avviene nella gara a che cosa si vuole far avvenire, dalla pura esecuzione alla creatività, o dal radunare e stimolare tutte le energie prima della gara, salvo perderle appena si supera un certo limite, alla consapevolezza di poterle richiamarle quando servono per la vittoria, dalla paura per la sconfitta alla fiducia nelle proprie forze.
Sembra che caricare di fare un pieno di energia e adrenalina sia la condizione per usarsi al massimo del rendimento, ma il livello più utile è quando si fanno cooperare il fisico, la mente, l’umore e le emozioni al loro giusto livello.
Gli stimoli che non danno coraggio
Quando si critica un metodo, si descrivono soltanto gli aspetti negativi, ma uno sportivo mette sempre qualcosa di proprio e può raggiungere buoni livelli con qualsiasi tipo di formazione. Se, però, non è allenato a cercare il nuovo, imporre l’iniziativa personale o giocare per vincere invece che difendersi per neutralizzare quella dell’avversario, perde sempre qualcosa. È evidente che, se non è allenato ad analizzare in modo critico le situazioni e a cercare le soluzioni e; se non è abituato e a trovare la soluzione migliore o a impiegare la creatività per inventarne una nuova, manca della prontezza, garantita dagli automatismi, per trovarle in un attimo da solo.
Affrontare ogni ostacolo con resilienza e determinazione!
Una volta fissato l’obiettivo, è importante per l’atleta prestare attenzione agli allenamenti e alle sensazioni, è sapersi ascoltare, capire quando, quanto e come fatica, com’è la respirazione, come sente le gambe, accorgersi di ogni minimo fastidio e capire a cosa possa essere dovuto, in modo da intervenire in tempo e rimediare per evitare di perdere importanti sedute di allenamento e compromettere la prestazione-obiettivo.
Anche il calcio ha la propria nobiltà
Egregio Professor Odifreddi, ho letto il Suo articolo su La Stampa di mercoledì 13 luglio, e ho sentito la necessità di parlare di cose che magari danno poco sul pratico, ma fanno vivere momenti di gioia. Lo sport dà cose di cui non si parla mai, ma sono fondamentali sia per la salute fisica che mentale.
È il confronto tra i due emisferi cerebrali. Il sinistro s’interessa di più alle scienze, regola la razionalità, il linguaggio, l'analisi, la capacità matematica e il ragionamento. Lavora su ciò che è reale, arriva alla soluzione attraverso passaggi ed è più attento a evitare errori. Si può dire che, nello sport, rallenta gli automatismi e restringe l'attenzione a svantaggio della visione d'insieme. Il destro presiede alle attività regolate da critica, intuizione, inventiva, fantasia e sintesi. Ha più importanza negli sport di situazione, perché dà lucidità e pensiero rapido e creativo per intuire ciò che potrà avvenire e rispondere con iniziative immediate, ed è più esposto all’errore, perché è guidato dall’intuizione e dall’immediatezza. Nessuno dei due, però, è più importante dell’altro.
Il calcio nuovo di Mancini
Abbiamo visto un modo nuovo di fare e condurre una squadra. Mancini non è un allenatore che guarda dall’alto i giocatori e mantiene le distanze, ma sta in mezzo a loro, parla, e in campo corregge, ma non accusa né umilia. I giocatori non mostrano segni di tensione, parlano e scherzano con gli avversari, e sono tranquilli da non avere paura. Ha anche qualità di guaritore: gli infortunati passano all’istante dalle contorsioni per il dolore a corse per esprimere tutta la loro gioia e felicitarsi con i compagni dopo un gol. E gli spagnoli rispondono sullo stesso tono, e forse sono così, ma certo anche perché hanno lo stesso tipo di allenatore.