L’allenamento calcistico specifico per l’età evolutiva: proposte per la pianificazione della tattica di squadra nella fase di possesso palla.
Nuova trattazione sulla tattica calcistica: immersi in un nuovo paradigma
Abbiamo il piacere di riproporre un illuminante contributo di Daniel Fernàndez Garcìa, allenatore abilitato di 2° categoria Uefa A, che approfondisce il ruolo della tecnica e della tattica nel calcio, focalizzandosi principalmente sulle problematiche relative all'allenamento dei giovani calciatori.
L'articolo parla di:
- La rivoluzione dell'allenamento
- Obiettivo principale: difendere
- Tecnica e tattica nel calcio
- Allenamento: una nuova rivoluzione
- Le caratteristiche dei giochi sportivi di squadra
- Quale metodologia per il gioco del calcio
- La cultura tattica
- Le caratteristiche delle attività nell'insegnamento del calcio
- La struttura della seduta di allenamento
- Le fasi o i cicli del gioco
…Con ciò, mi sono convinto, che non è sensato, che per un particolare si proponga di rifare tutta una strada, cambiando tutto dalle fondamenta, abbattendo tutto per riedificarla, ne tanto meno di cambiare il corpo dei docenti o l’ordine stabilito nelle scuole, per adeguare un metodo di insegnamento. Per questo, credo fermamente, che la mia vita sarebbe migliore, se potessi contare su buone fondamenta e mi appoggiassi solamente su principi che mi ero lasciato inculcare nella mia gioventù, senza mai aver esaminato se erano veri. (Renné Descartes - Il discorso del metodo)
Non riesco a dire, se è più importante difendere bene o attaccare bene, ecco perché non riesco a dissociare questi due momenti in una partita di calcio. Credo che la squadra sia un blocco unico ed anche il suo funzionamento è un tutt’uno. (José Mourinho, citato da Nuno Aieiro)
La rivoluzione dell'allenamento
Correva la decade degli anni 90, quando dalla mano di tecnici di indubbio prestigio come l'italiano Arrigo Sacchi, il colombiano Maturana e l'olandese Cruyff, alcuni di essi, eredi dei postulati di un genio come l'argentino Menotti, assistiamo ad un'autentica rivoluzione nel campo dell'allenamento ed in partita, soprattutto per quanto riguarda la fase di recupero del pallone.
Era proprio Sacchi, che teorizzava che difendere era come attaccare.
Da detta filosofia, nacque nel calcio di allora, una concezione dalla difesa a zona come una unità organizzata e strutturata, basata su sincronismi quasi perfetti.
Partendo da questo concetto, Sacchi impostava l'organizzazione difensiva delle sue squadre, non aspettando gli avversari, ma andando a cercare gli avversari con la palla anche nella loro metà campo, con un pressing offensivo che aveva come obiettivo principale quello di provocare l'errore dell'avversario e di renderlo incapace di costruire situazioni vantaggiose d'attacco per la propria squadra.
Se questo aspetto, in un primo momento fu indubbiamente positivo, a posteriori queste idee sono state semplificate a tal punto che oggi, nel 2011, gli allenatori sono arrivati a decontestualizzare la difesa nel proprio modo di giocare il calcio.
Se in quel momento, la filosofia difensiva di mister Sacchi e del suo Milan ebbe molto successo, oggi possiamo dire che con il passare del tempo queste idee sono state riadattate e semplificate nella forma e questo fa si che molti allenatori considerano la fase difensiva separata dal contesto globale del gioco della propria squadra.
Si arriva quindi a considerare la fase di recupero del pallone come un momento distinto dalla fase di attacco, quindi la squadra non ha nessun collegamento fra le due fasi, quella di difesa e quella di attacco.
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Obiettivo principale: difendere
Per una gran quantità di tecnici, oggi, l'obiettivo principale nelle partite è quello di difendere, e si accontentano poi di dichiarare che la loro in campo "è" una squadra ordinata.
È evidente, che quando si fanno affermazioni del genere, è perché l'allenatore vede che la propria squadra, passa la partita a correre dietro alla palla, che molto spesso viene conquistata vicino alla propria porta, con pochi giocatori davanti ad essa e questo chiaramente non permette di organizzare contrattacchi che abbiano successo.
Curiosamente, di dette squadre si dice che sono "squadre equilibrate".
Molti allenatori di oggi, si vantano con grande convinzione, di essere capaci di costruire squadre che difendono forte, ma che non si preoccupano più di tanto se la squadra poi perde subito la palla una volta recuperata.
Forse si ignora che il lavoro squilibrato di una squadra provoca nel tempo la perdita di quello che si chiama "il miglioramento continuo".
Se un allenamento è rivolto a migliorare solo un obiettivo in contrasto con un'altro, succede che gli obiettivi che proponiamo peggiorano anziché migliorare.
Era il riduzionismo cartesiano portato alla sua massima espressione.
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Tecnica e tattica nel calcio
Cano Moreno affermava che: la parola "tattica", è associata ad un gruppo di giocatori posizionati a difesa della propria porta che rinunciano a qualsiasi azione offensiva, vocabolo utilizzato impropriamente anche per identificare lo stile di gioco di tutto un paese come l'Italia, all'epoca del "catenaccio".
Nella realtà, il vocabolo tattica, rappresenta una disposizione illimitata di risorse, o quanto meno ci rende coscienti delle nostre capacità... (Òscar Cano Moreno: Tattica: vittima predestinata dell'ignoranza").
O come la chiamò il geniale Erick Mombaerts: "tattica, quella subordinata ad altri fattori dell'allenamento".
Paradossale, è anche il fatto che quando le squadre che si vantano di giocare in modo estenuante con ordine tattico, di norma sono le squadre più disordinate una volta che conquistano il possesso della palla.
È tanto grande l'ossessione di giocare con ordine (che a volte si confonde il concetto di "giocare con ordine", con il trovarsi tutti dietro il pallone), che poi nella fase di attacco la squadra rischia di non essere equilibrata e di trovarsi in difficoltà nello sviluppo di una efficace fase offensiva.
Ed è come dichiara Lillo "una squadra ordinata tatticamente è quella che ha in equilibrio sia la difesa che l'attacco e non solo quella che si preoccupa esclusivamente dell'equilibrio difensivo, pensando quindi che l'ordine tattico si ottenga più per il numero di giocatori che vi partecipano che per principio.
È sbagliato quindi pensare che la miglior difesa "è quella che si fa con molti giocatori..."
La mancanza di analisi teorica nel gioco del calcio, porta con sé tutta una serie di pregiudizi attorno al concetto di tattica difensiva e di squadra.
Ognuno di questi concetti viene diviso in una serie di sotto-concetti che a loro volta danno luogo a più concetti di carattere minoritario.
Ognuna di queste divisioni, porta paradossalmente con sé una riduzione della comprensione del gioco e del fenomeno tattico nella sua globalità.
Gli allenatori di tutto il mondo si prestano molto spesso a questo tipo di linguaggio, che non fa altro che alimentare l'opinione pubblica.
A tal proposito, l'intellettuale spagnolo Juan Carlos Girauta cita: "un paese preso dalla routine e dedito alle comodità del relativismo e al compromesso, condizioni che disperdono il pensiero critico e la responsabilità personale [...] un paese sottomesso al repertorio dei pregiudizi, dei luoghi comuni, dei sentimentalismi, dietro i quali si barrica da quando il mondo è stato fatto, che si preoccupa di stereotipare i dibattiti, che minimizza il valore del gioco e che è lontano dal voler superare teorie oramai sorpassate, che sono ancora sostenute con il solo obiettivo di incrementare le vendite di giornali e televisioni e di mantenere il controllo della cultura del movimento calcistico.
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Allenamento: una nuova rivoluzione
Per fortuna negli ultimi anni abbiamo assistito ad una nuova rivoluzione nel campo della teoria sulla metodologia dell'allenamento.
Il grande impegno di persone come Antón, Seirulo, Espar... Nell'ambito dei giochi sportivi di squadra, ha portato a nuove riflessioni teoriche ed alla nascita di un nuovo movimento di pensiero che sta producendo nuove frontiere nel campo della metodologia a sostegno dell'essere umano, che prevedono che il gioco in sé diventi il protagonista delle nuove proposte nel campo dei processi dell'addestramento giovanile.
In definitiva, un nuovo paradigma che ha come obiettivo il miglioramento qualitativo nell'allenamento del gioco di calcio.
Oggi abbiamo capito che il giocatore è un soggetto tattico e che la tattica è in definitiva l'insieme di possibilità che ha un giocatore in un momento determinato, in un ambito di riferimenti fondamentali che determineranno la sua decisione: pallone, compagni, avversari, spazio di gioco e porta, come le esperienze vissute e non, come il talento individuale capace di generare risposte che neanche l'allenatore aveva immaginato.
Tutti sappiamo che in un campo di gioco di qualunque sport, ci troveremo davanti a tre tipi di individui che comunicano, quelli che non sanno nulla di quello che succede, quelli che reagiscono davanti agli stimoli di situazioni diverse di gioco e quelli che sono capaci di provocare il successo di una situazione (che Lillo chiama giocatori capaci di contraddirmi).
Ma l'aspetto determinante che troviamo nel campo teorico della tattica, è il sapere che nel calcio non esistono fasi separate e che l'attacco e la difesa sono la stessa cosa.
Il vero equilibrio in una squadra di calcio, si basa sul fatto che i giocatori in funzione delle loro possibilità di intervenire attivamente nel gioco, riequilibrano e cambiano la posizione sul terreno, per compensare la squadra nelle situazioni negative di transizione del gioco stesso.
Oggi, nel calcio le partite si vincono o si perdono nelle situazioni dove si conquista o si perde il pallone.
A sua volta, è giusto porre l'attenzione, sulla ossessione dei tecnici, convinti che sia importante la sola ripetizione degli schemi che in passato permisero alle loro squadre di ottenere dei successi.
Assistiamo così, a esperienze di allenatori, che dopo aver avuto successo, hanno cambiato società e con giocatori diversi, non sono più riusciti a costruire le stesse circostanze vincenti.
Succede anche, che si scelgono giocatori senza analizzare a fondo le loro qualità, e poi li si inserisce in un progetto di gioco, in una impostazione tattica o gli si da una posizione in campo nella quale è impossibile che emergano.
Allora, si ascoltano commenti come: questo giocatore non è quello che era, non si è adattato, questa squadra gli sta stretta, la giocavano solo per lui, e tanti altri luoghi comuni che rappresentano un malcostume del gioco del calcio.
Un chiaro ed evidente esempio di questo, è il commento del mio amico Raúl Caneda, in riferimento a Ballack, giocatore tedesco del Chelsea, che mette in evidenza la sua capacità di proporre gioco sulle fasce laterali con efficaci inserimenti da dietro. Può succedere che queste due doti di Ballack, non riescano ad esprimersi al massimo, se lui gioca in una squadra dove non ci sono compagni in grado di eseguire buoni passaggi in fascia o di effettuare i giusti interscambi di posizione.
Alla fine, dobbiamo arrenderci all'evidenza, che ci sono molti allenatori "che sanno solo di calcio, o che sanno solo di giocatori".
I giocatori attraverso i loro comportamenti in campo, saranno stimati per le loro capacità di essere razionali o estrosi nelle varie situazioni di gioco che si sviluppano nella zona del pallone, o quando si trovano in situazioni di non intervento diretto sulla palla, dove sono chiamati ad eseguire i giusti movimenti di posizione, che permettono alla squadra di avere sempre un buon equilibrio tattico.
Si elimina così la visione stereotipata della vita, che ci porta a collocare i giocatori in un contesto che tende a riprodurre movimenti "tattici" automatici, che non tengono conto delle loro differenti qualità cognitive.
Come nel mondo del lavoro, la società tende a creare "automi", soggetti che non debbono avere capacità di prendere iniziative per loro conto, nel calcio abbiamo costruito giocatori obbligati ad eseguire rigide regole.
Il calcio, ha da qualche tempo, cominciato a chiamare le squadre, non con il nome della stella di turno, ma bensì con quello dell'allenatore, ed è per questo che secondo me ha perduto un po' del suo fascino.
Tuttavia, se troviamo ancora squadre che vengono etichettate con il nome del suo allenatore, il Chelsea di Mourinho, possiamo dire che era anche quello di Terry, Makelele, Lampard, che nelle precedenti stagioni, era un degno esempio di squadra costruita nel rispetto delle peculiarità dei suoi giocatori.
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Le caratteristiche dei giochi sportivi di squadra
Il calcio è un gioco di squadra che richiede il massimo livello di capacità di comunicazione e collaborazione. Il giocatore deve acquisire la coscienza a sviluppare il senso del gioco collettivo, la solidarietà, l'aiuto reciproco e deve subordinare gli interessi personali dentro il gruppo. L'individuo è formato per la squadra (José Maria Sanz Sánchez).
- sono giochi nei quali ha grande importanza la tattica e la capacità continua di interpretare e risolvere le situazioni di gioco;
- dipendono dalle esperienze acquisite e dalle conoscenze che il singolo ha dentro il proprio gioco. I giocatori adottano una determinata attitudine tecnico-strategica;
- l’organizzazione tattica cognitiva prevale su tutte le altre;
- i giocatori collaborano fra di loro, con l’obiettivo comune di battere gli avversari;
- i giocatori devono imparare ad adattarsi e riadattarsi di continuo alle nuove situazioni, che lo sviluppo del gioco crea, contemporaneamente devono essere capaci, di elaborare e produrre nuove risposte, davanti alla costante variabilità di situazioni ed alla grande incertezza spaziale, che fa si che due situazioni non siano mai uguali tra di loro;
- l'esecuzione tecnica è importante ma non fondamentale nella risoluzione delle situazioni di gioco;
- il gioco è in sé non è mai lineare, è quindi impossibile prevedere in anticipo uno sviluppo preordinato e stabilito, ogni situazione di gioco ha sempre diverse soluzioni;
- la capacità di percepire e decidere sono le più importanti dentro il ciclo dell'atto tattico;
- esigono una costante necessità di interazione con un ambiente positivo;
- costruiscono il valore della cooperazione all’interno del gruppo squadra;
- sono sport situazionali, poiché l'atteggiamento dei giocatori è strettamente collegato con la loro capacità di dare risposte adeguate ed efficaci alle costanti e diverse modificazioni che si creano nel contesto del gioco (Bruno del Castello e Morcillo Losa, 2004);
- possiedono una natura problematica e contestuale.(citazione di Blázquez e diversi autori);
- la proposta per il gioco del calcio deve essere il naturale paradigma che utilizza metodi qualitativi a discapito dei metodi quantitativi (Seirulo Vargas).
Come suggerisce Espar (2001) "... necessità tattiche o conoscitive che nascono costantemente dalla necessità di interagire con un ambiente positivo, essendo precisamente quella capacità, che determina (al di sopra della fisica) il successo del giocatore e della squadra in una competizione".
Anche Arrigo Sacchi, seguendo questa filosofia afferma che: "È corretto comprendere la preparazione dello sport di squadra come lo sviluppo della capacità creativa nello sviluppo del progetto di gioco collettivo."
Da queste diverse esposizioni, si deduce che l'insegnamento del gioco di calcio, come attività compresa dentro i giochi sportivi collettivi, deve avere una propria metodologia.
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Quale metodologia per il gioco del calcio
Il cambiamento di paradigmi richiede un ampliamento non solo delle nostre percezioni e dei nostri modi di pensare, ma anche dei nostri valori. (Fritjof Capra, "La trama della vita")
Ogni metodologia deve adattarsi a quello che la persona è capace di fare. (Francisco Seirulo Vargas)
Considerando che la missione dei tecnici sia quella di sviluppare un modello di allenamento che abbia l'obiettivo di ricostruire le tematiche della partita, cercando di trasmettere ai giocatori una formazione adeguata e di far si che le sedute consentano di raggiungere ottimi livelli di prestazione, maggiormente rivolta allo sviluppo della dimensione cognitiva, ponendo in secondo piano lo sviluppo della dimensione fisica, diventa fondamentale, dopo aver analizzato le caratteristiche del gioco, evidenziare gli obiettivi generali dell'allenamento, che vogliamo raggiungere in ogni seduta e che devono guidare la nostra proposta pratica, nel modo che segue:
- ridurre progressivamente le incertezze e le insicurezze che provoca il gioco. (Cano Moreno e Morcillo Loca);
- ottimizzare il rendimento, attraverso la prospettiva del giocatore, significa ottimizzare tutte le sue capacità in relazione alla richiesta di ogni attività. (Seirulo Vargas);
- ottenere il massimo rendimento individuale e collettivo;
- seminare cultura tattica. (La mia grande missione come allenatore è creare cultura tattica. Insegnare al giocatore ad interpretare le situazioni, dandogli più informazioni possibili e motivandolo a capire bene i principi del gioco. Alla fine in campo decide il giocatore e non l’allenatore (J. M.Lillo);
- far sì che le esercitazioni proposte in allenamento siano adatte a raggiungere obiettivi specifici e vengano assimilate dai giocatori;
- il migliore allenamento, è quello che riesce a riprodurre fedelmente, una situazione nella quale il giocatore riesce ad ottimizzare certi meccanismi, da lui accettati e riconosciuti importanti per aiutarlo a risolvere quella situazione proposta (Seirulo Vargas).
Il conseguimento di questi obiettivi dipenderà dall'uso di una metodologia di campo specifica, che sia sostenuta dai principi del nostro gioco e che anteponga gli obiettivi tecnico-tattici a quelli fisici.
Attenzione a non bleffare, proponendo esercitazioni globali od integrali.
Il metodo in cui credo e che voglio presentare è quello definito "strutturale".
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La cultura tattica
Ora, voglio trattare un tema, che come abbiamo visto in precedenza, è fondamentale nella carriera dell'allenatore di calcio.
Gli allenatori debbono impostare il loro lavoro sull'obiettivo di volere insegnare ai propri giocatori ad interpretare, a sentire ed a leggere le situazioni di gioco.
Il processo incomincia dalla base, dove i tecnici dovrebbero offrire un'ampia gamma di conoscenze tattiche che permettano ai giocatori di potere scegliere sempre la migliore soluzione.
Lillo, parlò di questo concetto, in un magnifico articolo dal titolo "Cultura tattica", nel quale l'autore affermava "parte della ragione del gioco."
Lillo inoltre, evidenziava che "il giocatore deve conoscere il perché di ogni cosa ed è per questo che deve conoscere il gioco" ed aggiungeva che, "conoscere il gioco significa porsi sempre queste domande: Perché?, Per quale motivo? Come? Quando? Dove? A chi o con chi?..."
Manuel Conde ci aiuta a rispondere a queste domande dichiarando che: "Il grado di efficacia nella competizione sarà maggiore se integriamo ed inseriamo nei contenuti giornalieri di allenamento, proposte rivolte a fortificare i meccanismi decisionali, tattico-cognitivi.
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Le caratteristiche delle attività nell'insegnamento del calcio
La preparazione tattica [...] deve partire da una prospettiva sistemica, in termini di connessioni tra gli elementi che fanno parte di essa, con ordine e relazione, senza perdere in nessun momento la visuale globale dell'insieme.
Ogni parte o mezzo tattico non si sviluppa in un modo isolato dal contesto globale, ma è integrato in un insieme, la cui natura è diversa delle parti che la compongono (Anton Garcia, specialista in tattica di difesa nella pallamano).
Una volta indicate le caratteristiche specifiche dei giochi sportivi di squadra ed in aggiunta del gioco del calcio, gli obiettivi da considerare nell'allenamento e le caratteristiche del processo di insegnamento, possiamo sviluppare le caratteristiche che debbono avere le attività di allenamento.
- Devono essere aperte, non chiuse;
- devono essere di difficoltà crescente, dal facile al difficile;
- devono stimolare a prendere decisioni. Evitare di ripetere di continuo quello che debbono fare e quello che non dovrebbero fare;
- devono stimolare al massimo la catena della percezione-decisione-esecuzione, nascondendo da parte dell'allenatore la maggiore quantità possibile di informazione;
- devono offrire ai giocatori orientamenti e riferimenti, affinché risolvano da soli gli obiettivi dell’allenamento, evitando di dare noi le soluzioni;
- devono abituare il giocatore a superare i dubbi con la ripetizione costante e continua, acquisendo così sicurezza esecutiva. È indispensabile, valutare quando i giocatori raggiungono un buon livello e cambiare le proposte;
- non dobbiamo insegnare a fare esercizi a memoria, bensì dobbiamo far sì che imparino a giocare a calcio;
- devono tenere sempre in conto la logica del gioco, inserire sempre porte che abituino il giocatore al gioco di difesa e di attacco;
- non scomporre le fasi del gioco. Perché proponiamo attività dove alcuni giocatori attaccano, mentre gli altri una volta recuperata la palla concludono il loro esercizio?
- dobbiamo evitare di interrompere con frequenza gli esercizi, quando vediamo che i giocatori commettono molti errori, bisogna riproporre esercizi di apprendimento;
- l’allenamento è realmente fruttifero quando i giocatori partecipano e si impegnano, cioè, sentono quello che fanno. Se non è così, significa che per loro, il lavoro fatto ha avuto uno scarso valore;
- i principi tattici che sviluppiamo devono essere strettamente collegati con la nostra filosofia di gioco;
- l’allenamento in spazi ridotti è necessario, ma dobbiamo sempre considerare per ovvi fattori, sia a priori che a posteriori, che ha il limite di non stimolare il giocatore al gioco reale. Sappiamo comunque, che nelle fasi iniziali, il gioco in spazi ridotti, mette il ragazzo nelle condizioni di essere sempre al centro dell’azione, con il problema della perdita e della riconquista della palla. Questo aspetto evidenziato in precedenza, è comunque molto importante, perché sono le situazioni dove si decidono le partite;
- le attività devono seguire una linea metodologica. È importante che quello che proponiamo nella seduta di allenamento, rispecchi sempre una progressione di obiettivi tecnico-tattici;
- le capacità condizionali debbono essere allenate sfruttando le condizioni di variabilità che abbiamo nelle diverse situazioni di gioco.
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La struttura della seduta di allenamento
Una delle mode più negative nel campo dell'allenamento del calcio è stata quella delle doppie e triple sedute, che permettevano ai tecnici di giustificare il loro lavoro nei confronti dell'opinione pubblica.
Queste mode, dovute in gran parte al mondo della preparazione fisica tradizionale, riproponevano schemi che per fortuna in molti club si stanno superando.
Normalmente, possiamo osservare, che molti allenatori antepongono gli obiettivi fisici a quelli di tipo cognitivo-decisionale.
È frequente notare, come, con i giocatori adulti, l'obiettivo della tattica rimane quasi sempre in secondo piano, ed è per questo che viene spontaneo chiederci quanto segue: se consideriamo che con una buona organizzazione tattica, riusciamo a vincere le partite, perché questo obiettivo dobbiamo allenarlo esclusivamente quando il giocatore è adulto ed ha minor predisposizione mentale e fisica per l'apprendimento?
Inoltre, è molto frequente ascoltare tecnici scusarsi, quando vengono esonerati per cattivi risultati, con dichiarazioni del tipo: non ho avuto tempo sufficiente per allenare l'organizzazione della squadra. Per questo motivo forse è bene che ci poniamo alcune domande:
- quanto tempo perdiamo durante la settimana per gli obiettivi di carattere fisico a discapito di obiettivi tattici anche di basso livello?
- quante sessioni ed attività di allenamento facciamo senza che i giocatori si allenino a prendere decisioni? Come scrive il giornalista Federico Jiménez Losantos "Tu devi essere libero di sbagliare, perché solo così imparerai a prendere decisioni, senza la paura di sbagliare.”
- quanti allenamenti e sessioni facciamo senza tenere in conto delle caratteristiche individualità dei nostri giocatori? (è come allenare un difensore di fascia come Roberto Carlos che quando si inserisce in attacco lo fa per istinto naturale unito alla sua enorme potenza, piuttosto che Del Horno, che dichiara invece di collegarsi ai suoi compagni per arrivare da dietro?).
- teniamo in conto la logica strutturale del gioco quando proponiamo le nostre sedute di allenamento?
- teniamo in conto che gli obiettivi dell'allenamento nelle fasi sensibili di un giovane calciatore, non possono essere uguali a quelle degli adulti?
- teniamo in conto le qualità dei nostri giocatori per scegliere un determinato stile di gioco o un determinato sistema di gioco?
- teniamo in conto della capacità di giocare di squadra dei nostri giocatori e le sinergie collettive che essi costruiscono? Potenziamo queste qualità e sinergie durante gli allenamenti, in caso contrario rischiamo di escluderli con le nostre proposte.
- perché ci dedichiamo a copiare modelli di gioco utilizzati da squadre pragmatiche, o cerchiamo di riprodurre quello che un giorno ci ha fatto vincere, dimenticando che ogni essere umano ed ogni area di relazioni socio-emotive, sono diversi fra loro?
- in definitiva perché continuiamo a perdere il tempo? E soprattutto perché continuiamo a fare perdere del tempo ai nostri giocatori?
Organizzando le nostre sedute di allenamento, dobbiamo tenere in conto una serie di dettagli, che arricchiranno il nostro lavoro, partendo dalla struttura del gioco e finendo con la dinamica delle relazioni che derivano dal gioco stesso:
- il gioco del calcio ha una valenza collaborativa e delle dinamiche situazionali variabili;
- queste dinamiche situazionali possono manifestarsi attraverso la superiorità di tipo numerico o di posizione;
- la maggior parte delle situazioni di gioco non coinvolgono più di 7 giocatori per volta, considerando i compagni e gli avversari;
- è fondamentale la conoscenza e la padronanza di una serie di situazioni che possono considerarsi basilari: 1<1, 1<2, 2<1, 2<2, 2<3;
- la situazione del 3<3, è la più complessa ed è la più ricca di variabili decisionali. Caneda Pérez dice: «Il calcio, per essere un vero gioco collettivo, deve sviluppare il senso del "noi", ed è per questo che il numero minimo ed il più adeguato per attivare il sistema nervosa centrale è il 3<3. Le attività di 3<3 massimizzano la capacità di elaborazione» ("La zona nel Calcio", Raúl Caneda Pérez);
- le attività devono stimolare le capacità di anticipazione su quelle di reazione. La capacità di anticipare un fenomeno di carattere tattico è una eredità dei grandi giocatori della storia, che non possiamo ignorare e che dobbiamo sempre considerare come esempio, quando andiamo in campo per allenare;
- dobbiamo allenare partendo dai principi fondamentali del gioco;
- stabilito i principi fondamentali del nostro gioco e quelli secondari, dobbiamo avere la capacità di articolarli in modo che diventino un tutt’uno e non rimangano parti separate dentro una realtà impossibile da scomporre, come il gioco di squadra;
- nel calcio, ci sono sempre giocatori che intervengono attivamente nelle situazioni di gioco ed altri che collaborano per risolverli.
Una infinità di autori hanno teorizzato sull'organizzazione della sessione di allenamento o unità temporanea di lavoro, poiché è la più ripetuta durante tutta la vita degli sportivi.
Ne gioco del calcio, sino alla fine degli anni '80, il modello classico di una seduta si organizzava in questo modo: riscaldamento, parte principale, e parte finale o di rilassamento.
Detto modello può essere enormemente positivo in sport a carattere prevalentemente fisico, ma per le caratteristiche precedentemente citate, si evidenza come questa proposta sia lontana e abbia poca attinenza con un nuovo modo di intendere il gioco del calcio.
Partendo dunque da questo presupposto, pensiamo sia corretto proporre una evoluzione della seduta di allenamento, basata su attività diverse:
- Messa in marcia;
- Attività di collaborazione;
- Attività di collaborazione-opposizione;
- Attività di gioco reale.
Queste attività debbono poi essere programmate all'interno di un progetto, che preveda una progressione didattica, nell'ambito dell'apprendimento tattico.
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Introduzione all'allenamento o messa in marcia
Questa attività ha l'obiettivo di preparare i giocatori sia mentalmente che fisicamente. Benché a prima vista, sembra uguale al riscaldamento classico che si eseguiva tempo addietro, vogliamo sottolineare che invece deve essere molto più specifica e rivolta allo sviluppo dei vari gesti tecnici e della tattica individuale.
L'attività di messa in marcia, deve essere utilizzata anche per proporre azioni tecniche isolate, che nel corso della seduta, occuperanno un posto determinante per i vari obiettivi tattici che intendiamo sviluppare. (Esempio: vari tipi di guida della palla, che possiamo poi combinare ad una situazione di gioco 2<1).
Si possono poi inserire vari tipi di corse semplici senza palla che risultino interessanti per risolvere problemi tattici.
È importante, inserire anche giochi di carattere ludico che riproducano situazioni simili a quelle su cui lavoreranno dopo. (Per esempio il gioco di toccare più avversari possibili senza palla, può essere abbinato ad esercitazioni specifiche per lo smarcamento).
I giochi ludici debbono contenere delle variabili che impegnino il giocatore a pensare di continuo, all'interno di un contesto di una sfida cognitiva con se stesso e con gli altri compagni.
Ripetere gli esercizi presuppone creare routine ed abituare il giocatore, questo produce noia ed un fattore negativo, perché il giocatore non sviluppa più il suo pensiero tattico.
Se quindi vogliamo che il giocatore pensi e prenda decisioni, già da questa fase dell'allenamento dobbiamo abituarlo a ciò.
Per rafforzare la nostra proposta, utilizziamo questa sottolineatura di SeiruloVargas:
"I riscaldamenti delle sedute di allenamento, devono mantenere una piccola parte di "allerta fisiologica" (gli autori aggiungeremmo anche allerta psicologica e cognitiva) propria dell'atleta che pratica sport individuali, mentre una seconda parte deve essere adeguata alla domanda ed al contenuto della sessione, che comunque non deve mai essere standardizzata.
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Le collaborazioni
Le esercitazioni per allenare "le collaborazioni", sono attività dove il giocatore si trova nella condizione di essere sempre coinvolto nel gioco e debbono avere i seguenti prerequisiti:
- partecipano meno di 5 giocatori, cioè meno della metà del totale della squadra;
- sono situazioni che si realizzano normalmente in spazi ridotti. Attenzione a come utilizzare gli spazi di gioco ed a come gestire la disposizione dei giocatori nei medesimi, per ottenere una buona riuscita;
- le esercitazioni debbono contenere un solo obiettivo tattico, che deve essere il punto di partenza e il punto di arrivo. Quando i giocatori hanno raggiunto un buon livello di esecuzione, bisogna terminare il lavoro;
- con le regole possiamo variare il livello di difficoltà dell’esercitazione.
- le esercitazioni debbono essere strutturate in modo che il giocatore sia costretto a risolvere gli obiettivi tattici proposti;
- gli obiettivi tattici debbono essere risolti nel minore tempo possibile, poiché quanto più tempo richiede la soluzione del problema, perdiamo imprevedibilità nella fase di attacco e rallentiamo l’organizzazione difensiva.
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Attività di collaborazione-opposizione
- in questi tipi di esercitazioni partecipano una gran quantità di giocatori, a volte persino tutti;
- gli allenatori debbono osservare se tutti i giocatori favoriscono la soluzione del problema esposto nell'attività di collaborazione;
- sono esercitazioni che permettono di ridurre il livello di individualismo di ogni singolo giocatore;
- sono esercitazioni che permettono di collegare le differenti situazioni di sviluppo delle collaborazioni reciproche fra i giocatori;
- sono esercitazioni che hanno come obiettivo principale l'unione di una situazione di gioco con un'altra;
- sono esercitazioni che ci permettono di introdurre regole per provocare e condizionare le risposte dei giocatori;
- l'obiettivo finale di dette esercitazioni, è quello di abituare i giocatori a dare le stesse risposte nella stessa situazione di gioco.
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Attività di gioco reale
Si debbono proporre alla fine della sessione di allenamento e a volte si possono non fare.
L'obiettivo per l'allenatore è quello di osservare se il concetto tattico esposto è stato assimilato dai giocatori e se riescono a trasportarlo all'interno del gioco di squadra.
Questa attività è importante per gli allenatori, che possono osservare i comportamenti e gli atteggiamenti dei giocatori e possono verificare se mettono in pratica gli obiettivi allenati.
Inoltre, permettono loro di valutare il rendimento globale della squadra e di capire se il livello di difficoltà dei concetti tattici proposti va bene o è da cambiare.
A volte, un obiettivo ha bisogno di più esercizi sulle collaborazioni che un altro.
Soprattutto è decisivo considerare sempre i principi fondamentali del nostro gioco, per decidere di allenare in base al modello di gioco che abbiamo scelto.
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Il gioco di calcio si manifesta a partire da alcuni concetti generali che sono quelli che gli danno un senso.
Il suo sviluppo dipende dalla costruzione di un linguaggio tattico comune che ci permette di stabilire alla base un funzionamento di carattere collettivo.
Nella figura di cui sopra si deduce che il gioco ha un livello di cambiamento costante, dovuto al fatto che le squadre, si trovano ad affrontare situazioni diverse, all’interno delle quali i giocatori possono trovarsi anche in ruoli diversi.
Il grande problema nella comprensione del calcio, è quello di considerare ogni fase di gioco, come un compartimento stagno, filosofia che nasce da una chiusura mentale di molti allenatori.
Per fortuna da qualche parte del globo, nascono nuove idee che sono portatrici di un "cambiamento di mentalità".
La filosofia che io utilizzo per pianificare gli allenamenti, sa basa sul principio di sviluppare le “transizioni di gioco”, cioè il rapido passaggio da una fase di gioco ad un'altra.
Io penso, che comunque, dovrebbe essere una cosa normale per tutti gli allenatori parlare di una mentalità univoca: “Quella di giocare.”
Seguendo il concetto che la fase difensiva e quella offensiva sono un tutt’uno, possiamo affermare che il gioco ha 4 momenti o cicli:
- il possesso del pallone;
- il recupero del pallone;
- la transizione negativa o difensiva quando si perde il possesso del pallone;
- la transizione positiva o offensiva quando si riconquista il possesso del pallone.
Se prima evidenziavo che entrambe le fasi di transizione sono fondamentali per stabilire chi vince, oggi è importante ribadire il concetto che tutti i principi del gioco del calcio e le fasi che derivano da essi (attacco, contrattacco, fase difensiva e recuperi), sono interconnessi gli uni con gli altri.
Le buone squadre, sono quelle che durante tutte le fasi del gioco, hanno nel loro bagaglio questi principi, e attraverso i movimenti di compensazione sono in grado di riequilibrare costantemente la loro organizzazione tattica, anticipando le possibili perdite del pallone o le possibili riconquiste.
Inoltre, il gioco è tanto imprevedibile, che queste fasi cambiano ad una velocità sorprendente.
In un attimo, una squadra che eseguiva un possesso della palla, si trova a raccogliere la medesima in fondo alla rete.
Caneda Pérez precedentemente citato, dichiarava che: "Un errore abituale nel calcio è quello di considerare due fasi distinte nel gioco: una di attacco, (in possesso della palla, ed un'altra di difesa, senza la palla).”
Nel calcio, queste due fasi, si sovrappongono in tal modo, che il ragionamento precedente è valido esclusivamente per sport come la pallamano, dove lo spazio per l’attacco e la difesa è differente, dato che quello della zona centrale serve solo per il transito della palla.
Concludiamo con una segnalazione: "Nel calcio, al contrario della pallamano, è proprio la zona di centrocampo dove si sviluppa il fulcro del gioco, in un modo tale, che è realmente decisivo il momento della transizione veloce, come quella di passare immediatamente alla difesa, dopo la perdita della palla. Come il saper organizzare nel minore tempo possibile la fase di attacco, quando si smette di difendere, per la perdita del pallone della squadra avversaria".
È giunto il momento, di tenere in conto di detta filosofia di gioco, che ci porta a proporre in allenamento situazioni che contengano molte variabili tattiche, attraverso chiamate di movimenti compensatori che possono verificarsi in partita, come:
- che quando si attacca, i due laterali di centrocampo non debbono inserirsi contemporaneamente e che i difensori che restano in posizione, debbono scalare verso il lato cieco per coprire gli spazi liberi;
- che i giocatori che non attaccano, si preoccupino di equilibrare la difesa, seguendo il concetto, che quando si attacca bisogna sempre organizzare la difesa;
- che davanti ai giocatori avversari che restano in posizione di attacco, difendiamo individualmente e si cerchi di mantenere anche i riferimenti di marcatura collettiva, per non concedere loro troppo spazio;
- che i giocatori che non hanno nessuna possibilità di intervenire in difesa, si posizionino in modo da farsi trovare subito smarcati quando si riconquista la palla;
- che le squadre tengano in conto dei rinvii e delle respinte lunghe, che di norma arrivano nello stesso lato del campo da dove è partita la palla (solo quelle calciate male vanno nel lato opposto).
Una considerazione finale, che sostiene la filosofia espressa, ce la dà il calcio a 7, che in Spagna si gioca nella fascia di età della scuola calcio e che è il passaggio intermedio, prima di arrivare al calcio a 11 all'età di 12 anni.
Per la velocità di svolgimento delle azioni, perché obbliga i giocatori a passare rapidamente da un ruolo ad un altro, ed inoltre perché è un gioco dove le azioni di contrattacco e le sue risposte difensive sono frequenti e continue.
Ed è per ciò, che diventa fondamentale, inserire sempre le porte o delimitare spazi analoghi, nelle attività che proponiamo in allenamento, dove il segnare e il difendere, stimolano il pensiero ed il sentimento rivolto alla protezione e alla penetrazione, abituando così il giocatore al rapido cambiamento delle fasi di gioco.
La formazione tecnica, tattica, atletica e mentale del giovane calciatore 20-21-22 Maggio 2011 - Sportilia (FC) (Relatore: Daniel Fernández Garcia - allenatore giovanissimi nazionali RCD Espanyol-Barcellona)
DANIEL FERNÁNDEZ GARCÍA - nato a Manresa (Spagna) è allenatore abilitato di 2° categoria Uefa A e laureato in Storia. Ha allenato nei settori giovanili dei Club CE Manresa, CF Olesa, Gimnàstic di Manresa e per due anni la Selezione Catalana con la quale ha vinto il titolo nazionale di Spagna prima con la categoria Under 14 e poi con la Under 16. Da due anni allena nel settore giovanile del RCD Espanyol di Barcellona, Club di prima divisione (serie A) della Liga Spagnola, dove attualmente allena la squadra Giovanissimi A. Ha partecipato come relatore a stage di formazione per l'attività del Settore Giovanile in Spagna ed in Italia a Bolzano, collabora con il sito per allenatori www.mcsports.es.
Traduzione a cura di Grassi Giovanni, allenatore di Base Uefa B, presidente del gruppo AIAC Bologna, coordinatore organizzativo dello stage nazionale AIAC-FIGC di Sportilia e curatore del sito: www.aiacbo.it
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