Pillole

Il collettivo è una condizione in continuo movimento, una mentalità costruttiva che si arricchisce man mano che si crea qualcosa di nuovo ma, se non evolve, si spegne. Si dice meno che, per averlo, è sufficiente conoscersi e giocare insieme per molto tempo ma, se si propongono invariati gli stessi sistemi, al massimo si ha un collettivo provvisorio, che dura soltanto finché si vince e non lascia insegnamenti utili.

Collettivo, effetti pratici e psicologici 

Perché tutto ciò di cui si parla avvenga sempre o, anche solo si riesca a immaginare in ogni collettivo, occorrerebbe giocare in un mondo perfetto. In qualche modo, però, qualcosa di simile avviene in tutti, anche senza che i protagonisti se ne rendano conto. Per parlarne occorre immaginare un collettivo che sommi e impieghi i contributi di tutti, non veda il miglioramento nei risultati ottenuti in qualsiasi modo, viva un’armonia che superi qualsiasi impiccio e sia composto di giocatori non condizionati da ostilità e invidia e privi di diffidenza, permalosità o obiettivi soltanto personali.

Un collettivo così inteso permette di trasmettere la creatività e l’ingegno di ognuno, così che l’idea di uno diventi di tutti, di sommare e rendere comuni l’impegno e la collaborazione, esercitare uno stimolo reciproco e porre rimedio a qualsiasi imprevisto o insuccesso.

Sul piano operativo, questo collettivo elimina i conflitti, che di solito nascono quando ci sono invidia, concorrenza e interessi contrari tra i componenti, e si manifestano in atti personali che non portano contributi. È fondato sull’intesa e la collaborazione, perché il vantaggio di uno richiede l’apporto e va a vantaggio di tutti. Non esclude nessuno, perché ognuno è utile, e si lavora insieme per raggiungere un obiettivo comune. Aiuta a superare il momento di difficoltà del singolo, perché lavorare insieme per lo stesso obiettivo impegna tutti gli altri a fornire aiuto e mascherare le sue difficoltà e trovare una soluzione. Tutto questo, ovviamente, è più facile da ottenere in squadre omogenee, perché quelli che non riescono a collaborare, in qualche modo sono messi ai margini, anche se non estromessi. Non mortifica, quindi, anche se non appaga del tutto, quelli meno dotati, perché chiama tutti a contribuire con opinioni e idee anche fuori della partita, e tutti si possono sentire protagonisti.

Sul piano psicologico incoraggia e mitiga l’ansia della gara, perché ognuno sente di poter contare sull’aiuto di tutti. Riduce la sudditanza psicologica verso l’avversario più forte, poiché non si è soli, si conta sull’aiuto di tutti e si è rassicurati dalla fiducia reciproca. Corregge i comportamenti non costruttivi e ammorbidisce il carattere specie di quelli che si ritengono più importanti e vorrebbero la gloria tutta per loro, perché la collaborazione e l’aiuto reciproco valorizzano anche loro. Fa sentire partecipi anche quelli che giocano meno, perché possono portare contributi che gli altri accettano e mettono in pratica. Abitua a rispettare compagni e avversari, elimina gelosie e rivalità, perché tutti collaborano, e sono indispensabili e prepara a vivere rapporti armonici e costruttivi anche fuori e dopo lo sport. Chiede di rinunciare a un vantaggio personale e a rischiare una brutta figura mettendosi al servizio di chi è in difficoltà o è meno utile nella squadra, ma si può capire che essere un leader rende molto più importanti. In altri termini, il collettivo agisce per ridurre le differenze, ma porta uno spirito e un operare comuni in cui ognuno può raggiungere la posizione che gli compete. Non appiattisce, quindi, i caratteri individuali, perché si insieme, e si lascia che ognuno porti e metta a disposizione ciò che lo differenzia dagli altri.

La possibilità di formare un collettivo dipende soprattutto da come operano l’istruttore e, più tardi, l’allenatore fuori della partita. È lì che i giocatori si conoscono, pensano, analizzano e discutono insieme tutti gli aspetti dell’attività e collaborano a lavorare su un’idea o una proposta. Devono possedere conoscenze sui meccanismi del gruppo e della formazione, capacità di scoprire, valorizzare e coordinare le idee e le iniziative di tutti. E devono esercitare la funzione di critica e di controllo affinché non siano disattese le regole, si dirigano la creatività e le iniziative verso scopi costruttivi e si sviluppi un pensiero creativo comune.

È essenziale che assumano la posizione di guida, che è autorevolezza, e non autoritarismo o acquiescenza. Siano, quindi, disponibili ad ascoltare e accettare opinioni o anche suggerimenti, operare affinché tutti abbiano lo stesso ruolo, anche se con contributi diversi, adottare un indirizzo operativo che sappia utilizzare le potenzialità di ognuno, accettare qualsiasi contributo e, nel caso non sia valido, apprezzare l’intenzione di produrlo. Ed essere chiari ed evitare qualsiasi sotterfugio, manipolazione o privilegio.

E allora, dovrebbero rinunciare alla loro funzione? Il loro ruolo non è semplicemente dire come fare e imporre la disciplina. E non rinuncia alle proprie competenze, ma le usa per correggere quando è il caso e offrire l’aiuto minimo indispensabile perché gli allievi sviluppino da soli tutti i procedimenti per imparare a fare anche da soli.

Vincenzo Prunelli

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