giovani e sport

  • Mio figlio vuole abbandonare la scuola calcio perché non si diverte più. Che cosa posso fare per convincerlo a continuare?

  • I metodi che forniscono soltanto informazioni e modelli rigidamente delimitati e prestabiliti escludono critica, intesa e cooperazione, e non offrono L'opportunità di ascoltare L’ascolto, però, non è soltanto lasciar parlare, ma capire i problemi e scoprire le soluzioni, apprezzare il giovane per le intenzioni e i tentativi per essere concreto, non farsi condizionare dai risultati immediati, e aiutarlo a trovare la propria soluzione. 

  • Sembra di capovolgere concetti e metodi intoccabili o, almeno, di passare dall’essenza della prestazione ai caratteri e alle necessità di chi la realizza, dall’attenzione a ciò che avviene nella gara a che cosa si vuole far avvenire, dalla pura esecuzione alla creatività, o dal radunare e stimolare tutte le energie prima della gara, salvo perderle appena si supera un certo limite, alla consapevolezza di poterle richiamarle quando servono per la vittoria, dalla paura per la sconfitta alla fiducia nelle proprie forze.

    Sembra che caricare di fare un pieno di energia e adrenalina sia la condizione per usarsi al massimo del rendimento, ma il livello più utile è quando si fanno cooperare il fisico, la mente, l’umore e le emozioni al loro giusto livello.

  • Il richiamo alla volontà è l’ultima risorsa quando non si è sicuri della maturità degli allievi, si crede sempre che una gara si perda per mancanza d’impegno o, invece, che basti per arrivare anche dove è impossibile. Sulla volontà s’insiste troppo, come fosse un tratto del carattere sempre decisivo, quasi un pregio che si richiama a comando e sempre a disposizione che basta sollecitare per avere un risultato sempre positivo. È, invece, uno stimolo interiore che si ravviva spontaneamente quando s’insegue un traguardo appagante che si sa di poter raggiungere, o si spegne di fronte all’impossibile.  

  • In qualsiasi campo, chi vuole raggiungere gli obiettivi che desidera, deve mettere in conto fatica, impegno, regole che possono non piacere e rinunce, nello sport, però, che è piacere, divertimento e benessere, usare termini come sacrificio, rinuncia, fatica o puro dovere, cioè dare più di quanto si riceve, non ha significato.  

    In genere, se ne parla per portare una squadra in crisi alla responsabilità o anche soltanto per stimolarla all’impegno e all’osservanza di valori che non si sa che cosa siano, se non l’ultima risorsa, quando non si sa più che cosa fare per uscire da una crisi o i giocatori si sono stufati di questo tipo di sport. Oppure, è un luogo comune, un modo di dire per convincere se stessi o un giovane che, passando attraverso un percorso sgradevole, sarebbe più resistente e disposto a un impegno totale per vincere. Il discorso avrebbe anche una sua logica se non si ottenesse di più lasciando che lo sport resti un piacere e si facesse leva su motivazioni ben più efficaci, come scoprire il proprio talento, migliorare le prestazioni e, ottenere un apprezzamento impossibile agli altri.

    Parla ancora di sacrifici l’adulto ancora convinto che più pretende più ottiene, o forse che sia l'unico modo per ottenere, mentre il giovane attuale si oppone e rifiuta tutto ciò che non gli piace e di cui non capisce lo scopo, perché non procura piacere e l’interesse. Un ragazzo ha bisogno che l’adulto s’interessi a lui, lo aiuti a prendere le decisioni senza liberarlo dalle responsabilità, lo ascolti e lo aiuti a risolvere i suoi problemi da solo.

    Che nello sport, come in ogni attività o impegno che piace e interessa, serva la voglia di sacrificarsi è un luogo comune, un modo di dire che finisce per convincere un giovane che è giusto sentirsi oppresso e annoiato o contrattare per impegnarsi. Ciò non significa rifiutare l’impegno e la fatica per un obiettivo che li richiede, ma non imporli quando ci sono modi e strumenti più efficaci e non sgraditi per chiederli.

     Come si trasforma lo sport in un piacere invece che in un sacrificio?

    • Quando non si toglie il gusto del gioco con rimproveri, punizioni deprezzamenti, o colpevolizzazioni.
    • Non si pensa ad allenamenti più pesanti, noiosi e “punitivi” dopo una gara sottotono, ma se ne parla in gruppo per trovare le cause e le soluzioni.
    • Non si porta l’attenzione sulla prossima partita, sempre difficile, che può soltanto essere vinta.
    • In pratica, si passa dal credere di dover neutralizzare il rifiuto di fare insieme qualcosa che interessa e diverte al lasciare che gli allievi siano spinti all’impegno dalle loro motivazioni.
    • Si considerano i momenti dello sviluppo.Il bambino smette appena sente conto di non divertirsi e di essere impegnato in un lavoro. Dopo i dieci, dodici anni, con la comparsa del pensiero astratto, che gli consente di vedere e progettare il futuro e dà un significato a ciò che sta facendo, il ragazzo inizia a provare piacere in ciò che fa e a considerare i disagi come strumenti per arrivare a obiettivi reali.

    Vincenzo Prunelli

  • Non è mai troppo tardi per salire su un treno dello sport qualsiasi che porta in giro per vie, strade, parchi, montagne, salite e discese.

  • Gazzetta. Pudori, reticenze e atteggiamenti da sbruffone sono normali all'interno di qualsiasi squadra.

  • Aumentano le iniziative volte allo sviluppo dell’attività fisica in tutti gli ambienti e rivolta a tutte le persone di qualsiasi età, ceto sociale, cultura.

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