Donna e sport

La storia della donna nello sport in Italia non è ancora stata scritta in maniera compiuta. Solo di recente il binomio donna e sport è stato riscoperto ed è diventato oggetto di studio: ripercorriamo le tappe della storia dello sport in cui compaiono le donne.

La storia dello sport della donna, infatti, non è stata ancora scritta in Italia in maniera compiuta. Un po' perché la storia dello sport, in generale, si è sempre occupata di questo fenomeno dal punto di vista maschile ma anche  perché la storia dello sport femminile è stata finora circoscritta, avendo considerato le vicende di qualche atleta illustre, o di qualche disciplina, o di qualche episodio eclatante, senza una visione d’insieme. È anche mancato il materiale su cui indagare, perché la donna, solo di recente, ha avuto una propria storia, relegata però in quella del costume. Infine non bisogna dimenticare il contesto in cui ha vissuto per secoli la donna nel nostro Paese, soggetta a pregiudizi di tipo culturale di difficile superamento, condizionata, come negli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, dalle sue prerogative di madre e sposa, prerogative che la hanno relegata ad un ruolo secondario della vita civile. Però all’estero la situazione è migliore, sia perché sono più avanzati gli studi di storia dello sport in generale, sia perché questo fenomeno è entrato nella cultura comune e nel modo di vita quotidiano. Oggi ci troviamo a parlare di archivi dello sport, grazie alla Sovrintendenza ai Beni Archivistici del Lazio. Ripercorriamo le tappe della storia dove appaiono, seppur di rado le donne.

Le donne nello sport nel mondo greco

La storia del mondo greco ci è narrata in larga misura dalle due opere ascrivibili ad Omero: l’Iliade e l’Odissea nelle quali si raccontano le vicende legate alla città di Troia, colonia greca. Riprendo queste brevi frasi che fanno intendere la presenza femminile: “Nausicae in mal tolse la palla, e ad una / delle compagne la scagliò: la palla / desviassi dal segno cui valeva, / e nel profondo vortice cadè / “Omero canto VI, trad. Pindemonte, libro VI v.v. 169 e succ, Firenze. Il primo anno dei giochi olimpici fu il 776 a.c. all’interno c’erano anche i cosiddetti giochi minori chiamati EREI (dedicati ad Era, la moglie di Zeus). Erano giochi femminili, dedicati alle giovani che, con essi, dimostravano di essere mature e pronte al matrimonio. Avevano significato rituale e si svolgevano con una corsa sulla distanza di circa 145/160 metri.

Le donne nello sport tra Sparta e Atene

Sparta era una città Stato dominata da una aristocrazia guerriera, vi si conduceva uno stile di vita molto duro e severo che spingeva ad una selezione degli individui sin dalla nascita. Le donne spartane, al pari degli uomini, eseguivano le pratiche atletiche e le esercitazioni militari per essere in grado di difendere le città quando gli uomini erano lontani, per esempio per un conflitto bellico. Spesso gli stessi allenamenti erano promiscui e, non di rado, le donne Spartane erano vincitrici di competizioni olimpiche. A loro si deve la pratica della nudità, tanto criticata dalle altre popolazioni del tempo, ritenuta da loro utile per essere più agili nel compiere le azioni ginnastiche. Sempre a Sparta, i bambini erano affidati a dei maestri che ne curavano l’educazione e, poiché ciò implicava una spesa, lo stato interveniva con delle forme di assistenzialismo nei confronti delle famiglie meno abbienti. Gli insegnanti erano tre: il grammatista che si occupava delle conoscenze linguistiche e scientifiche, il citarista insegnava l’uso e la conoscenza della musica, ed il pedotriba preposto all’allenamento e alla cura dell’aspetto fisico (non inteso come estetico).

Le donne Ateniesi, per contro, vivevano quasi in caste, isolate dalla vita sociale delle città. Uscivano raramente e sempre accompagnate. Non incontravano quasi mai gli uomini e non sceglievano il marito. Vi erano tuttavia delle categorie di donne che, per il lavoro che svolgevano avevano più libertà e, spesso, anche una maggiore influenza nella vita della città. Era il caso delle musiciste e delle danzatrici.

In seguito la donna va solo ad assistere alle olimpiadi sempre se concesso dai giudici, dai mariti, perché certi “sport” non potevano essere visti da un pubblico femminile.

La donna nello sport nell'Ottocento italiano

Nelle disposizioni ministeriali del 1861/62 del De Sanctis si erano fissati i punti chiave del nuovo insegnamento, cercando di rimuovere la tendenza dei singoli insegnanti di personalizzare, stravolgendoli, i programmi, viene dunque approntata una discriminazione nei confronti della ginnastica militare utilizzata a scopi pedagogici. Ultima soglia da superare era ora l’aspetto femminile dell’attività.

Per parlare di educazione fisica femminile bisognerà aspettare il 1867 anche se, per alcuni, le donne non erano portate per questa pratica. Ad opporsi a questo schieramento c’era chi sosteneva, al contrario, che la ginnastica, impegnando anche l’intelletto, oltre al fisico, poteva impegnare le donne nella parte intellettiva.

Oberman scrisse addirittura un libro in proposito chiamato “La ginnastica al femminile” e, dopo il 1867, si fonda a Torino una scuola normale di ginnastica preparatoria femminile. Non si parla più di brevi periodi preparatori ma di corsi della durata di 8 mesi, durante i quali si apprendono molteplici discipline. Le basi per una nuova ginnastica educativa sono poste.

Le donne nello sport nel Periodo Fascista

Lo sport, in questo periodo comincia a vivere per dare una buona immagine del bel paese fuori confine, distogliendolo nel contempo la gente dal pensiero di altri problemi. Sport e fascismo miravano a creare un uomo nuovo, favorendo l’azione rispetto al pensiero. in questo periodo le donne erano procreatrici e niente altro. Dal secondo conflitto in poi tutto comincio a cambiare e infatti ecco un breve elenco delle donne che si sono distinte nello sport.

Olimpiadi:

  • Amsterdam 1928: Elisabeth Robinson che trionfò nei 100m piani con un tempo di 12”02;
  • Berlino 1936: Trebisonda Valla, detta Ondina, nata a Bologna nel 1916 fu la prima donna italiana a vincere una medaglia d'oro olimpica. La conquistò vincendo gli 80 m ostacoli alle Olimpiadi del 1936 a Berlino, dopo aver stabilito il nuovo record del mondo in semifinale.

L'originale nome Trebisonda fu scelto dal padre come omaggio all'omonima città turca (in turco Trabzon), da lui ritenuta una delle più belle del mondo. Nata dopo quattro fratelli maschi, la bambina veniva familiarmente chiamata con il diminutivo "Ondina".
Ondina Valla si fece notare sin da giovanissima per la sua grinta e le sue doti atletiche. Ai campionati studenteschi bolognesi rivaleggiò con la concittadina Claudia Testoni, che sarebbe stata la sua antagonista per tutta la carriera sportiva.
A 13 anni Ondina Valla era già considerata una delle grandi protagoniste dell'atletica leggera italiana. L'anno dopo divenne campionessa italiana assoluta e fu convocata in nazionale.
Era un'atleta versatile, che otteneva eccellenti risultati nelle gare di velocità, sugli ostacoli e nei salti. Divenne presto una delle beniamine del pubblico italiano. Il governo fascista la elesse ad esempio della sana e robusta gioventù nazionale. La stampa la definì "il sole in un sorriso".
Il più importante risultato della sua carriera fu l'oro alle Olimpiadi del 1936 a Berlino sugli 80 m ostacoli. Il 5 agosto vinse la semifinale con il tempo di 11"6, che le valse anche il primato del mondo. Il giorno dopo si disputò la finale. L'arrivo fu serrato, con ben quattro atlete piombate assieme sul traguardo. Non ci furono dubbi sulla vittoria della Valla, prima con 11"7, ma fu necessario ricorrere al fotofinish per stabilire l'ordine di arrivo per le inseguitrici. La sua rivale di sempre, Claudia Testoni, si ritrovò quarta, fuori dal giro medaglie.
Dopo le Olimpiadi Ondina Valla fu costretta a rallentare l'attività agonistica per problemi alla schiena. Continuò a gareggiare fino ai primi anni Quaranta.

  • 1968: la messicana Norma Enriqueta Basilio fu la prima donna ad accendere il braciere olimpico.
  • 1980: la favola della nazionale femminile di hockey su prato dello Zimbabwe, vincitrice dell'oro a Mosca nel 1980, ha molti punti in comune con quella della Danimarca che vinse il titolo europeo di calcio del 1992.

Ben cinque nazioni su sei, di quelle qualificatesi sul campo, erano rimaste escluse dai giochi moscoviti a causa del boicottaggio ordinato da Jimmy Carter.
Lo Zimbabwe, quando ancora si chiamava Rhodesia, era stato squalificato dai Giochi per non aver permesso agli atleti di colore di giocare in nazionale.
Contattate solo cinque settimane prima dal Cio, le sue atlete furono selezionate pochissimi giorni prima dell'inizio dei Giochi. Il 31 luglio 1980, battendo in finale l'Austria per 4-1, lo Zimbabwe conquistava il suo primo oro della storia.

  • la nuotatrice australiana Shane Gould partecipò a 12 prove vincendo 3 ori, un argento e un bronzo.
  • Atene 2004: vincitrice di scherma Giovanna Trillini e Valentina Vezzali.

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